Václav #60

23 ottobre - 9 novembre 2021


Il 23 ottobre del 1956 l'imponente manifestazione che si tenne a Budapest a favore dei lavoratori polacchi e di Władysław Gomułka, il 'revisionista' tornato al potere in Polonia, sfociò nella prima grande rivolta tra i Paesi del Patto di Varsavia contro l'influenza sovietica, che verrà poi repressa due settimane dopo dai carri armati di Mosca. Allo spirito di libertà che animò quei giorni si sono rivolti sia Orbán che il suo prossimo sfidante, Péter Márki-Zay, da poli opposti, nei discorsi per le annuali celebrazioni dell'evento.

Nell'Europa di oggi prende sempre più l'aspetto di un conflitto a bassa intensità il confronto sul confine polacco-bielorusso a spese dei gruppi di profughi e rifugiati attratti dalla Bielorussia con la promessa di un canale di accesso nell’Unione Europea, con la Polonia che militarizza il confine, e approva un nuovo muro di cento chilometri ai confini orientali dell'Europa dopo quelli eretti dall’Ungheria.

Mentre Orbán e il suo omologo polacco, Morawiecki, tessono la tela per il nuovo grande gruppo sovranista a Strasburgo, la Repubblica Ceca è entrata nell'era post Babiš, con il redivivo presidente della Repubblica Zeman a conferire l'incarico di governo a Petr Fiala. In Slovacchia, invece, l’ex premier Robert Fico è sempre più nei guai.

In questa nuova edizione del Václav ci occupiamo di questo e di molto altro. A chiudere una ricca Terza Pagina fra letteratura al femminile, cinema politicizzato e serie televisive. Buona lettura!


Punto Covid

Si aggrava la situazione pandemica nei Paesi dell'Europa centrale, con i governi che esitano nel prendere misure di restrizione che potrebbero rallentare la ripresa economica e lottano per aumentare la quota di popolazione vaccinata.

I casi di positività al virus in Ungheria hanno sfiorato il 5 novembre i 7000 giornalieri, per un indice R(0) di 1,8, al momento il più alto al mondo secondo Our World in Data. La notizia su Hungary Today. Il governo risponde ripristinando l'obbligo di mascherina sui mezzi pubblici della capitale e permettendo alle aziende pubbliche e private di richiedere il green pass ai lavoratori. Misura però che non ha trovato il consenso dei sindacati, specie quelli del trasporto e della scuola, e delle grandi aziende del settore bancario, energia e grande distribuzione. Mentre la percentuale di ungheresi sottoposti alla seconda dose è praticamente ferma al 59%, il 14% della popolazione ha ricevuto la terza dose. Il governo ha istituito anche un'open week, in cui verranno riaperti i grandi centri vaccinali e non ci sarà bisogno di prenotazione.

Situazione simile nella Repubblica Ceca, dove risulta completamente vaccinata appena il 57% della popolazione. Il 3 novembre si sono registrati 9936 nuovi contagi di Covid-19, mentre due giorni dopo il virus ha causato 60 vittime. In entrambi i casi si tratta di un ritorno alle drammatiche cifre della primavera scorsa. Pesanti le ripercussioni di questa quarta ondata della pandemia sul fragile sistema sanitario del Paese. II 4 novembre circa 2300 persone erano ricoverate per Covid-19 negli ospedali cechi e 328 di esse si trovavano in terapia intensiva. Per il momento, tuttavia, il ministro della Salute, Adam Vojtěch, scongiura nuove restrizioni sanitarie, limitandosi a invitare i datori di lavoro a non richiamare i dipendenti in ufficio e gli anziani a fare la terza dose vaccinale. Radio Praga fa il punto della situazione.  

La Polonia, registra una media giornaliera di nuovi contagiati stabilmente oltre i 15mila casi e un alto numero di decessi: che lo scorso 4 novembre sono stati più di 250 in 24 ore. Nonostante ciò, la quota di vaccinazioni resta poco sopra il 50% della popolazione e il governo, per bocca del premier Morawiecki, non sembra intenzionato ad apportare nuove restrizioni. Nel frattempo nella città di Kalisz, non lontano da Poznań, tre infermiere sono state arrestate per avere prodotto e venduto certificati vaccinali falsi. La notizia su Notes From Poland.

In Slovacchia, con 6805 nuovi contagi è stato superato il record del maggior incremento giornaliero dall’inizio della pandemia. Secondo il ministero della Salute il 69% dei nuovi casi si registra nelle persone non vaccinate. Lo riporta Reuters. Al 7 novembre il numero di persone ricoverate è 1413, mentre la media settimanale dei decessi è salita a 28.  Secondo il sistema “a colori” che identifica i distretti con la maggiore incidenza del virus, metà del Paese sta per finire nella cosiddetta zona nera. Si tratta della fascia che prevede maggiori restrizioni, come la chiusura di alberghi, palestre, centri benessere e piscine, e l’obbligo per i ristoranti di lavorare solo per asporto o a domicilio. Secondo quanto riferito da Slovak Spectator il gruppo di esperti che consiglia il governo, vorrebbe un allentamento delle restrizioni per i vaccinati, che fino ad oggi sono il 46% della popolazione.

Risalita dei contagi da covid-19 per milione di abitanti nei paesi dell’Europa centrale, da Our world in data


POLONIA

Si aggrava la crisi al confine bielorusso
La crisi migratoria al confine con la Bielorussia che perdura ormai da diversi mesi, ha subito un punto di svolta nella giornata di lunedì 8 novembre. Circa un migliaio di richiedenti asilo è arrivato presso confine di Kuźnica, nel nord est della Polonia, scortato dalle milizie bielorusse. La strada è stata però loro sbarrata, oltre che dal filo spinato, anche dalla presenza di un imponente cordone di soldati polacchi. Durante la giornata ci sono stati diversi tentativi di forzare il passaggio, con l’ausilio di cesoie e tronchi d’albero a cui hanno risposto i militari polacchi col lancio di lacrimogeni. La situazione resta estremamente dinamica. Il portavoce del governo Piotr Müller ha riferito che Minsk sta trasportando molti altri richiedenti asilo verso il confine. Il racconto di un giorno di grande tensione su Cnn e su Lavialibera.

Da parte dell’Unione europea si è levata unanime la condanna nei confronti del regime di Aleksandr Lukashenko, accusato di utilizzare i migranti per i suoi fini politici. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha inoltre dichiarato che si valuterà l’applicazione di sanzioni alle compagnie aeree che trasportano i migranti dal Medio Oriente alla Bielorussia. Da France24

Il governo polacco da par suo non ha espresso un vero e proprio comunicato ufficiale. Il primo ministro polacco Morawiecki, tramite un post su Facebook ha affermato che la Polonia è determinata a difendere i propri confini e quelli dell’Unione europea. 

Gli appelli dei giorni scorsi
La zona di frontiera è da settimane in stato di emergenza, con l’accesso vietato ai giornalisti e limitazioni a residenti e ong che da settimane cercano di portare aiuti di prima necessità ai rifugiati bloccati. Tra gli appelli lanciati nei giorni scorsi spicca quello pubblicato da Politico e firmato dall’ex ombudsman Adam Bodnar e dalla sua ex collaboratrice, la docente di diritto Agnieszka Grzelak.

Via libera al muro
Le mosse del governo di Varsavia verso la crisi di migranti non vanno nella direzione degli appelli internazionali. Il Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, ha approvato il piano di un muro di protezione che dovrà sorgere sul confine tra Polonia e Bielorussia. Sarà lungo circa cento chilometri, alto sei metri, e costerà 353 milioni di euro. Il servizio in lingua inglese di Deutsche Welle spiega tutti i dettagli del progetto.

Di nuovo in piazza per l’aborto
A quasi un anno dalle grandi proteste delle donne polacche contro le ulteriori restrizioni al diritto d’aborto, le piazze di Varsavia e di altre città polacche si sono riempite la sera del 6 novembre dopo il decesso di una giovane donna, morta in ospedale a causa di una sepsi. La donna, alla 22esima settimana di gravidanza, sapeva che nel migliore dei casi il neonato sarebbe morto poco dopo il parto, ma la nuova legislazione in Polonia ha imposto a lei e ai suoi medici di attendere con il cesareo fino all’effettiva morte del feto. Izabela, questo il nome della donna, è di fatto la prima vittima delle nuove norme sull’aborto che in Polonia vietano l’interruzione di gravidanza in caso di malformazioni letali del feto. Il tema della libertà di aborto è di nuovo in primo piano, le donne polacche sono di nuovo in piazza. Il resoconto di Reuters.

Falso stop alla marcia dell’indipendenza
L’11 novembre di ogni anno, la Polonia festeggia l’anniversario della riconquistata indipendenza a seguito dello sfaldamento degli imperi centrali dopo la fine della prima guerra mondiale. Questa data, che è festa nazionale, da anni non ha più delle vere e proprie celebrazioni di Stato ma è stato di fatto preso in appalto dalla Marcia dell’Indipendenza, un evento organizzato da gruppi appartenenti alla destra nazionalista e che più volte negli ultimi anni è stato accompagnato da slogan xenofobi, omofobi e islamofobi oltre che da episodi di violenza e dalla presenza di esponenti dell’estrema destra internazionale, non ultimo l’italiano Roberto Fiore. Dopo la marcia dell’anno scorso, svoltasi in forma semi-clandestina dovuta al divieto di assembramenti, il tribunale distrettuale di Varsavia ne ha sancito il divieto per quest’anno sulla base delle violenze dell’anno scorso, come riferito da Euronews. Il ricorso presentato dagli organizzatori, con la collaborazione del ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, era stato respinto, ma la marcia si terrà lo stesso grazie a una scappatoia: dopo aver perso la classificazione di evento di carattere ciclico, le è stato concesso quello di evento di Stato. Lo riporta la radio polacca Rmf Fm.

Situazione al confine tra Polonia - Bielorussia il 9 novembre / foto di Aryan Zellmi, migrante curdo


UNGHERIA

La marcia della pace di Orbán
La festa nazionale del 23 ottobre, giorno in cui l'Ungheria ha celebrato il 65° anniversario dello scoppio della rivoluzione del '56, è da sempre un momento di grande politica, discorsi pubblici e manifestazioni di ogni colore in tutto il Paese, più che mai quest'anno all'approssimarsi delle elezioni politiche della primavera 2022.
Grande prova di forza del premier ungherese che ha portato in piazza a Budapest da tutto il Paese, centinaia di migliaia di sostenitori che hanno sfilato nella sesta Marcia della Pace (la prima si tenne per protesta contro gli attacchi dell'Ue alla nuova costituzione del 2012). Presenti al corteo anche ospiti polacchi, a suggello dell'amicizia tra i due Paesi, e italiani. Dal palco, Orbán ha dimostrato la solita abilità oratoria nell'unire il suo popolo nel ricordo degli scontri del 23 ottobre di 15 anni fa, quando al potere c'era il suo grande rivale Ferenc Gyurcsány, adesso identificato come burattinaio dell'opposizione e rappresentante in Ungheria del Golia (Ue, poteri liberali, George Soros) contro cui lotta il Davide-popolo ungherese. La giornata del popolo di Orbán è raccontata da Reuters.

Speranze e dubbi per Márki-Zay
Era molto atteso anche il primo discorso pubblico di Péter Márki-Zay, incoronato a capo dell'opposizione dalle primarie solo una settimana prima. Alla manifestazione era presente l'inviato del Christian Science Monitor che fa un ottimo ritratto del nuovo personaggio e sottolinea come Viktor Orbán, orgoglioso di guidare una "democrazia illiberale", ora deve affrontare un inaspettato sindaco di provincia, profondamente religioso, che potrebbe anche vincere strappandogli parte del consenso nella provincia rurale. Dello stesso tenore l'editoriale del Guardian.
Conservatore, ma aperto ai diritti liberali, cattolico, ma che non metterebbe mai in discussione la legge sull'aborto. A favore del libero mercato e di un sistema fiscale leggero, ma anche della sanità pubblica, Márki-Zay potrebbe inciampare su queste potenziali contraddizioni come avverte Le Monde, che sottolinea come non si sia opposto fermamente alla politica del governo su questioni serie come i diritti degli omosessuali o l'immigrazione.

L’appello di Radio libera Kossuth in italiano
“Aiutateci! I sovietici ci stanno attaccando! Aiutateci! Oggi all’alba le truppe sovietiche hanno aggredito la nostra capitale con l’evidente intento di rovesciare il governo legale e democratico dell’Ungheria". Nel suo blog sul Fatto Quotidiano, Leonardo Coen ricorda il disperato appello di Imre Nagy all'arrivo dei carri armati sovietici a Budapest il 4 novembre del ‘56, riportato in italiano dalle frequenze di Radio libera Kossuth - chiusa con la forza dagli invasori poco dopo - sentita dal grosso apparecchio radiofonico "da salotto" e l'emozione provocata nella sua famiglia dai fatti ungheresi.

Le Pen fa visita a Orbán
La destra sovranista europea continua nella sua opera di costruzione di un nuovo gruppo comune al Parlamento europeo. Se ne è parlato nell'incontro tenutosi a Budapest tra Viktor Orbán e Marine Le Pen, ultima tappa del minitour di quest'ultima tra i paesi illiberali dell’Est dopo Polonia e Slovenia. I due, che hanno avuto incomprensioni in passato, cercano ora una spinta reciproca in vista delle prossime scadenze nazionali, le elezioni politiche in Ungheria e presidenziali francesi, entrambe tra sei mesi. Ne ha scritto Politico. Le Pen ha anche reso omaggio al memoriale delle scarpe sul Danubio, dedicato a un eccidio nazifascista del gennaio '45. Videoconferenza a tre sullo stesso tema tra Salvini, Orbán e Morawiecki. Ne ha parlato il Corriere della Sera

Budapest allarga la borsa, il fiorino arretra
Con 366 fiorini per un euro, a fine ottobre la valuta nazionale ha sfiorato la quotazione minima contro quella europea. È l'effetto del cambio della politica economica ungherese che per rilanciare l'economia post-covid e in previsione delle prossime elezioni politiche ha iniziato, secondo Bloomberg, a spendere selvaggiamente, rinunciando al suo buon trend decennale di riduzione del debito ed esponendo il Paese a gravi rischi, anche perché, a causa del dibattito sullo stato di diritto, l'Ungheria per il momento non riceverà i soldi del Recovery Fund. Gli investitori hanno reagito iniziando a sbarazzarsi del fiorino. Tra le misure di spesa anche lo storico accordo per l'aumento a 200mila fiorini dei salari minimi a partire da gennaio 2022. Riporta la notizia Hungary Today

Il Giro d'Italia 2022 parte dall'Ungheria
Presentato a Budapest il Giro d’Italia 2022 e vedrà le prime tre tappe in territorio ungherese. Inedita la partenza di venerdì 6 maggio, con una prima tappa in linea nervosa da Budapest a Visegrád, passando per Székesfehérvár, la provincia natale di Orbán. Una tappa con i colli del Pilis nel finale che già potrebbe riservare sorprese. Solo nella seconda tappa di sabato si vedrà la cronometro passerella di 9,2 chilometri tutta cittadina da Pest a Buda, per poi tuffarsi domenica nel cuore del paese con la prima tappa di oltre 200 chilometri, da Kaposvár all’elegante lungolago di Balatonfüred. L’Ungheria, che avrà una vetrina televisiva mondiale di 800 milioni di potenziali spettatori, ripone le sue speranze agonistiche su Valter Attila, per tre giorni maglia rosa al Giro 2021, e sulla squadra italo-ungherese Eolo-Kometa. Qui l’articolo della Gazzetta dello Sport

‘Marcia della pace’ pro Orbán, in occasione delle celebrazioni per la festa nazionale ungherese del 23 ottobre


REPUBBLICA CECA

Governo Fiala in arrivo
Dal 10 ottobre scorso, giorno successivo alle elezioni parlamentari, il presidente della Repubblica Miloš Zeman è ricoverato in ospedale per complicazioni legate a una malattia cronica al fegato. L'inedita situazione ha creato uno stallo istituzionale, dato che Zeman era impossibilitato per motivi di salute a decidere a chi affidare l'incarico di formare un nuovo governo. Per questo si valutava se esautorarlo, attivando un apposito articolo della Costituzione in sede parlamentare che avrebbe consentito al presidente della Camera di nominare un nuovo premier. 

Euronews riporta che venerdì 5 novembre le condizioni di salute del presidente sono lievemente migliorate, consentendogli di lasciare il reparto di terapia intensiva. Quel giorno, intervistato telefonicamente dalla radio pubblica ceca, Zeman ha annunciato di voler affidare al leader della coalizione Spolu (Insieme), Petr Fiala, l'incarico di formare un nuovo governo. Il presidente ha inoltre confermato che accetterà le dimissioni del premier uscente Andrej Babiš, che ha perso la maggioranza in parlamento dopo il voto parlamentare. Lo scrive il Guardian. 

L'investitura di Zeman a Fiala spezza un'impasse obbligata e permetterà a quest'ultimo di mettersi al lavoro per creare il proprio esecutivo. Lo sosterranno cinque partiti - i tre riuniti in Spolu e i due della coalizione Pirati e Sindaci e indipendenti. L'alleanza di governo fra le cinque formazioni era stata preannunciata subito dopo l'esito delle urne, ed  è stata sancita ufficialmente il 3 novembre, riferisce Radio Praga. Il futuro governo Fiala potrà contare su basi più solide rispetto a quelle del Babis bis appena terminato, grazie ai 108 seggi su 200 in parlamento conquistati da Spolu, Pirati e Sindaci, e indipendenti. 

Il nodo di Turów 
Continua la disputa fra Praga e Varsavia in merito alla miniera a lignite e all'adiacente centrale di Turów, in territorio polacco, ma nei pressi del confine ceco. Nel maggio scorso la Corte di Giustizia europea ha condannato la Polonia a pagare un risarcimento di 500mila euro al giorno alla Repubblica Ceca per non avere chiuso l'impianto, altamente inquinante. Da allora il governo di Varsavia sta cercando di trovare una soluzione diplomatica con quello di Praga che non prevede la serrata immediata della centrale che oggi produce il 7% dell'energia nazionale. Un'impresa difficile, specie dopo il Cop26 di Glasgow. Il neo ministro dell'Ambiente polacco Anna Moskwa, che ha assunto il proprio incarico solo da pochi giorni, ha assicurato che proverà a trovare una soluzione, trattando con Praga. Via Euronews.

Roma Lives Matter
Stanislav Tomáš era un 46enne di origine rom. È morto il 19 giugno scorso nella cittadina  di Teplice in circostanze controverse. Un video infatti mostra l'uomo circondato e colpito da vari poliziotti in una stanza del commissariato. Una dinamica dei fatti che ha portato a paragonarne la sorte a quella di George Floyd negli Stati Uniti. Per questo la comunità rom presente nella Repubblica Ceca ha protestato in varie occasioni esibendo cartelli con la scritta 'Roma Lives Matter' e chiedendo giustizia. Il 29 ottobre, tuttavia, l'indagine interna della polizia sulla morte di Tomáš ha scagionato gli agenti che lo pestarono, sostenendo che l'uomo è deceduto a causa di un'overdose di meth. Una versione dei fatti che non convince del tutto. Se ne occupa Kafkadesk.  

La birra plurimillenaria di Pardubice
Nel 2017 un misterioso contenitore bronzeo finemente decorato venne rinvenuto nel villaggio boemo di Pardubice. Risaliva a 3000 anni addietro ed era stato seppellito in omaggio a divinità pagane sconosciute. Al suo interno, gli archeologi scoprirono tracce di una sostanza generata dalla fermentazione del miglio e di alcune erbe. Per questo gli studiosi hanno ipotizzato che il contenitore fosse stato adoperato per produrre un'antenata dell'attuale birra, bevanda nazionale della Repubblica Ceca. Per confutare questa tesi, specialisti dell'Università di Olomouc hanno deciso di ricreare questa birra preistorica in un contenitore similare e con i medesimi ingredienti. Ne è scaturita una bevanda dal sapore gradevole e con un retrogusto acidulo di limone; in futuro si pensa di proporla proprio ai visitatori del museo archeologico di Pardubice. Su Radio Praga.

Museo della Boemia orientale di Pardubice, con all’interno la nuova collezione del Dipartimento archeologico


SLOVACCHIA

Complotti e no vax
La Slovacchia è uno dei Paesi meno vaccinati d’Europa contro il Covid-19. Solo il 46% della popolazione ha assunto almeno una dose di vaccino, mentre il 42% ha effettuato il ciclo completo. Dietro a questa reticenza, ci sarebbe una radicata adesione alle teorie del complotto. Lo rivela uno studio dell’Accademia slovacca delle scienze, che ha sottoposto a un campione di persone sei delle maggiori ipotesi cospirative legate alla pandemia. Il 43,3% degli intervistati ha dichiarato di essere d’accordo che il numero dei morti dichiarato dal governo sia sovrastimato, mentre il 42,4% crede che il virus sia stato creato in laboratorio. I dati completi sono riportati da Euractiv.

Relazioni con Taiwan, le minacce di Pechino
Il governo cinese non ha gradito la visita ufficiale di Joseph Wu, ministro degli Esteri di Taiwan, in Slovacchia e Repubblica Ceca. Pechino ha minacciato i due paesi di ritorsioni, dichiarando che verranno prese misure adeguate e necessarie per difendere la sovranità nazionale. La Cina considera Taiwan una provincia ribelle e vede le visite all’estero dei suoi funzionari come un sostegno degli altri Paesi al riconoscimento della sua indipendenza. Ne scrive Reuters. 

Lo scandalo dei fondi agricoli europei
Una relazione dell’agenzia europea antifrode Olaf ha confermato quanto sollevato quattro anni fa dal giornalista investigativo Jan Kuciak, prima di essere ucciso: in Slovacchia c’è un grande problema di uso improprio dei fondi agricoli erogati dall’Unione europea.  Secondo il governo attualmente in carica, le irregolarità sono da attribuire al precedente esecutivo socialista. Il ministro dell’Agricoltura Samuel Vlčan ha assicurato che i pagamenti problematici sono stati risolti, mentre Michal Wiezik, eurodeputato slovacco del Ppe, ha dichiarato che c'è la necessità di indagare ancora. La notizia su Euronews. 

Ancora guai per Fico
Si allarga lo scandalo intercettazioni, denominate Gorilla 2, su Robert Fico, in passato per tre volte premier slovacco. Oltre a quelli sugli accordi con l'oligarca di Nitra, Miroslav Bödö, e il figlio dell'ex capo della polizia per la nomina di un giudice favorevole, emergono dettagli sulla quarantena che l'ex premier ha passato a Creta, causa covid, mentre era in vacanza sull'isola. Il periodo di isolamento è stato interrotto falsifcando il test sanitario. Durante la degenza, Fico non ha denunciato il furto di 50mila euro e alcune monete d'oro dagli uffici del suo partito, Smer. Si sospetta che sia stato un diversivo per appropriarsi anche di documenti riservati. Via Slovak Spectator.

Il problema della plastica
Per fronteggiare il problema dell'eccessivo utilizzo di plastica la Slovacchia ha introdotto alcune norme per aderire a una linea più ecologica. A partire da quest'estate è stato vietato l’utilizzo di articoli monouso come posate e piatti, mentre nei supermercati è stato applicato un prezzo minimo per i sacchetti fatti con questo materiale. Dal prossimo anno verrà incentivato anche il riciclo delle bottiglie, con l'introduzione nei supermercati di un deposito di 15 centesimi di euro ad articolo. Lo riferisce Euronews.


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TERZA PAGINA

Due autrici ceche da scoprire
La letteratura ceca al femminile non gode ancora della stessa popolarità internazionale conquistata negli anni da autori come Bohumil Hrabal o Milan Kundera. Eppure può contare su molte voci interessanti, che meritano di essere scoperte e tradotte. Fra di esse, due appartengono a scrittrici contemporanee, Viktorie Hanišová e Kateřina Tučková, entrambe classe '80 e capaci di conquistare pubblico e critica in patria.

Uno dei romanzi di Hanišová, 'Houbařka', è stato appena pubblicato in italiano da Voland con il titolo di 'La cercatrice di funghi' e tradotto da Letizia Kostner. Lo recensisce Martina Mecco su East Journal. L'ultima opera di Tučková, 'Gerta', è anche la prima pubblicata in inglese per i tipi di Amazon Crossing e la traduzione di Veronique Firkusny. Radio Praga ha dedicato a questo romanzo storico ambientato in Moravia l'ultima puntata del suo podcast riservato ai romanzi cechi indispensabili.

Olga Tokarczuk ritorna sul mercato anglofono
Grazie alla fama conseguita con la vittoria dell’International Booker Prize e soprattutto del premio Nobel per la letteratura, l’uscita di un nuovo libro di Olga Tokarczuk nei Paesi anglofoni è una notizia molto attesa dai lettori. Il libro in questione è ‘The Books of Jacob’ (in originale, ‘Księgi Jakubowe’, uscito in Polonia nel 2014), pubblicato dai tipi statunitensi di Fitzcarraldo e tradotto da Jennifer Croft, traduttrice inglese di Tokarczuk. Il libro, che fra non molto dovrebbe uscire anche in Italia, è un viaggio di quasi mille pagine in una delle zone più ricche di storia e cultura della Polonia storica che Tokarczuk squarcia attraverso il tempo, i volti e i personaggi. Un libro che valeva la pena aspettare, raccontato egregiamente da Catherine Taylor sulle colonne di Prospect Magazine.

Il cinema politico di Orbán
Dal 21 ottobre è uscito nei cinema ungheresi, ma è anche disponibile su Netflix, il tanto atteso ‘Elk*rtuk’, la storia della deriva del governo socialista, di Ferenc Gyurcsány, ex grande rivale di Viktor Orbán dal 2004 al 2009. Scritto come un thriller politico, il titolo fa riferimento all'infelice espressione usata dell'ex premier e riferita ai suoi elettori "Li ho fre*ati" che diventa ‘The Cost of Deception’ in inglese. Secondo Nick Thorpe sulla Bbc è un film manicheo che contrappone i 12 anni di "paese delle fiabe" sotto Orbán alla malvagità del premier socialista. Il film, campione di incassi in Ungheria, ha anche raggiunto una delle valutazioni più basse dell'anno su Imdb, solo 1,4 stellette su 10.

La prima serie slovacca di HBO
È in fase di produzione la prima serie televisiva slovacca per il canale televisivo HBO. Si chiama ‘The Winner’, e nasce dal lavoro di sceneggiatura di Zuzana Dzurindová e Peter Nagy. Protagonista dello show sarà il fittizio premier Viktor Hudák, giunto al termine della sua carriera politica, che fa ritorno alla vita di privato cittadino. Scoprirà che nel quotidiano non potrà esercitare il suo potere allo stesso modo di quando era a capo del governo. La notizia su Cineuropa.

Il manifesto di Elkxrtuk, il film di Keith Englishsugli scandali che hanno coinvolto l’ex premier socialista ungherese Ferenc Gyursány

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