Václav #72

11 - 25 giugno


Il 1° luglio comincia il semestre di presidenza ceca dell’Unione europea. Arriva in un momento complesso per l’Ue e, in particolare, per i Paesi dell’Europa centrale. Il perdurare del conflitto in Ucraina, l’inflazione galoppante, il rischio di una crisi alimentare da scongiurare e il rebus dello smarcamento energetico dalla Russia da risolvere in vista dell’inverno sono temi caldi. E la posizione ambivalente dell’Ungheria nei confronti di Mosca non aiuta a creare un fonte compatto nella regione.

Un’ulteriore, recente, preoccupazione riguarda il corridoio o breccia di Suwałki, ai confini nord-orientali della Polonia. Separa Kaliningrad dalla Bielorussia e dopo il cosiddetto ‘blocco’ lituano ad alcuni prodotti in transito via terra e destinati all’exclave russa sul Baltico, l’area di Suwałki diviene ancor più strategica per i futuri equilibri geopolitici e militari dell’Europa. Tanto a Varsavia e Bruxelles quanto a Mosca e Minsk lo sanno bene.

Nel frattempo, mentre negli Stati Uniti una decisione della Corte Suprema nega il diritto all’aborto, in Polonia il governo continua la sua crociata sul tema. A una severissima legge - che rende pressoché impossibile abortire legalmente - si aggiunge ora la creazione di un discusso ‘registro delle gravidanze’, mentre fa scalpore il caso un’attivista che ha fornito pillole abortive a un’altra donna e ora rischia fino a tre anni di carcere.

Questa edizione 72 di Václav è anche l’ultima prima di una pausa estiva. Stiamo pensando a nuovi longform e contenuti per i prossimi mesi. E continueremo a seguire l’attualità sui nostri canali social. Per ora ci risentiamo fra una settimana sulla newsletter Magda - iscrivetevi qui - oppure a inizio settembre con il prossimo Václav.

Buona lettura!



Brecce, muri e confini

Suwałki, il posto più pericoloso del mondo - Il rifiuto della Lituania di concedere il passaggio attraverso il proprio territorio ad alcune merci e rifornimenti destinati all’exclave russa di Kaliningrad, ha aperto un nuovo fronte della crisi tra Mosca e i Paesi occidentali. Per il Cremlino la decisione è una grave violazione dei trattati internazionali. Secondo Vilnius si tratta, invece, dell’applicazione delle sanzioni Ue. La portavoce del ministro della Difesa russo, Maria Zakharova, ha dichiarato che la risposta sarà pratica, e non diplomatica.

Il corridoio o breccia di Suwałki, ossia la striscia di terra polacca delimitata a nord-est dal confine lituano, che separa Kaliningrad dalla Bielorussia, è diventato dunque “il posto più pericoloso del mondo”. Lo definisce così Matthew Karnitschnig, in un articolo su Politico, in cui spiega come vi viene vissuto il rischio di un eventuale attacco da parte dell’esercito russo. Nella parte polacca del confine un’organizzazione di residenti ha chiesto alle autorità di impegnarsi nella costruzione di rifugi di emergenza da poter utilizzare nel caso in cui dovesse presentarsi uno scenario bellico. Ne scrive Notes From Poland.

Muro Polonia-Bielorussia: lavori in corso - Lungo un altro confine orientale, quello fra Polonia e Bielorussia, prosegue intanto la costruzione di un muro. La barriera, alta 5 metri, era stata approvata lo scorso novembre dal parlamento di Varsavia per impedire l’ingresso illegale dei migranti in territorio polacco. Oltre ai dubbi sulla sua eticità ed efficacia, i critici hanno evidenziato come l’opera danneggi fauna e flora della foresta di Białowieża, che il muro attraversa. Il video dell’Ansa mostra lo stato di avanzamento dei lavori. Finora sono stati coperti 135 dei 186 km previsti.

Nel frattempo, il governo polacco ha annunciato l’intenzione di eliminare dal primo luglio la zona di esclusione, fascia di territorio in prossimità del confine in cui dallo scorso settembre è stato dapprima vietato e poi limitato l’accesso ai non residenti (tra cui giornalisti e organizzazioni umanitarie). Per i primi 30 giorni, tuttavia, nella regione della Podlachia resterà attivo il divieto negli ultimi 200 metri prima della frontiera. Maggiori dettagli su Schengen Visa.

La questione del grano - Il blocco navale russo sul Mar Nero è una delle maggiori preoccupazioni per la comunità internazionale. Circa 25 milioni di tonnellate di grano, attualmente immagazzinate nei depositi ucraini, rischiano di marcire non potendo prendere la via del mare. Inoltre se la situazione non dovesse risolversi, il mancato svuotamento dei magazzini impedirà lo stoccaggio del raccolto estivo. Le conseguenze di una carestia, specialmente per i Paesi africani e mediorientali, che dipendono dal grano ucraino, sarebbero disastrose. Per ovviare a questo problema il presidente statunitense Joe Biden ha proposto di costruire dei silos sul lato polacco del confine con l’Ucraina. La Polonia, per voce del vicepremier Henryk Kowalczyk, pur mostrandosi interessata mette le mani avanti: «La costruzione richiederebbe dai tre ai quattro mesi. L’idea è molto interessante, tuttavia è una dichiarazione preliminare che richiede soluzioni dettagliate per poter funzionare». La vicenda su Politico.

Un tratto del muro anti-migranti in costruzione da alcuni mesi lungo 186 chilometri del confine polacco-bielorusso / Unibep/mat. pras.

Polonia

Kaczyński si dimette dal governo - Jarosław Kaczyński ha lasciato l’incarico di vicepremier. Lo ha annunciato lo stesso presidente di Diritto e Giustizia (PiS) all’agenzia di stampa Pap, motivando la sua decisione con la volontà di concentrarsi sulle elezioni parlamentari del 2023: ​​«Ho deciso di concentrarmi sulle cose più importanti per il futuro della Polonia. Il partito deve riprendere vigore, perché si sta avvicinando il periodo più importante», ha dichiarato l’ex vicepremier. L’annuncio non è una sorpresa. Nonostante PiS governi il Paese dal 2015, Kaczyński era entrato formalmente nell’esecutivo solo a settembre 2020 per contenere alcuni dissidi sorti all’interno della maggioranza. Il suo posto verrà preso dal ministro della Difesa, Mariusz Błaszczak.

Camera di disciplina: legge a metà - Il Sejm polacco ha rigettato gli emendamenti proposti dal Senato sul disegno di legge che liquida la Camera di disciplina, l’organo di controllo dei giudici che ha innescato un duro braccio di ferro con la Commissione europea. Bruxelles ha congelato lo stanziamento del Recovery Fund, in attesa che il governo polacco soddisfi tre condizioni essenziali: l’eliminazione della Camera di disciplina è una di queste. Secondo i critici, in questo modo si allontana la possibilità di accedere ai fondi europei. Il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro leader di Polonia Solidale (Solidarna Polska), ha inoltre affermato che il suo partito non si sente obbligato a soddisfare le condizioni poste dall’Europa, poiché non sono state soggetto di alcuna discussione governativa o politica. Ne scrive Notes From Poland qui e qui. Da Bruxelles il Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni ha però ribadito che se le tre scadenze stabilite dalla Commissione saranno disattese, i soldi non verranno erogati. Dall’Ansa.

‘Favoreggiamento all’aborto’ - A processo per aver aiutato una donna ad abortire. È la storia di Justyna Wydrzyńska, attivista dell’associazione Aborcyjny Dream Team, denunciata dal marito di una donna alla quale aveva fornito una confezione di pillole abortive. Secondo la legge polacca, Wydrzyńska rischia ora fino a tre anni di carcere per aver favorito l’interruzione di gravidanza. I suoi legali temono che il suo possa diventare un caso esemplare. Della vicenda si occupa, in italiano, Vice.

Nasce il registro delle gravidanze - Il ministro della Salute Adam Niedzielski ha firmato l’ordinanza che ha fatto entrare in vigore il registro delle gravidanze, lo strumento informatico attraverso cui i medici saranno tenuti a inserire informazioni relative alla donne incinte. Uno strumento di controllo, in un Paese in cui l’accesso all’aborto è praticamente vietato, sostiene l’opposizione. Un modo per fornire ai medici la possibilità di avere una panoramica completa sulla situazione delle pazienti ed evitare possibili complicazioni, è la risposta del governo. La misura sarà obbligatoria a partire dal primo ottobre. L’articolo di Deutsche Welle.

Scontro con Israele sui tour organizzati - Un anno fa a raffreddare le relazioni fra Polonia e Israele era stata la legge approvata dal parlamento polacco sulla decadenza dei termini per presentare la richiesta di restituzione dei beni appartenuti agli ebrei fino alla Seconda guerra mondiale. In questi giorni un altro caso, di tenore diverso, torna a far discutere. La pandemia aveva imposto uno stop ai tour organizzati di turisti israeliani in Polonia, un Paese in cui gli ebrei hanno vissuto numerosi per secoli, fino al dramma dell’Olocausto. Nel momento in cui Tel Aviv aveva deciso di riprendere i viaggi, è arrivato l’alt di Varsavia. Il problema è legato al fatto che le comitive sarebbero scortate dalle guardie armate di Shin Bet, l’agenzia d’intelligence per gli affari interni di Israele. Secondo il governo polacco, questo farebbe apparire la Polonia come un Paese pericoloso e antisemita. Ne scrive il Washington Post.

Fuori dalla Nazionale se giochi in Russia - Molte aziende che hanno deciso di proseguire la loro attività in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, in Polonia sono state boicottate. Qualcosa di analogo è successo anche al calciatore Maciej Rybus, che dopo aver lasciato il Lokomotiv Mosca, ha firmato per i “cugini” moscoviti dello Spartak. Una decisione che non è piaciuta al Ct polacco Czesław Michniewicz, che ha comunicato al difensore la sua esclusione dei convocati per le prossime partite della nazionale in settembre e ai Mondiali in Qatar. Il caso ha avuto eco internazionale. In Italia ne scrive Rivista Undici.


Slovacchia

Bratislava spinge Kiev nell’Ue - Il Consiglio Europeo ha deciso di assegnare all’Ucraina e alla Moldavia lo status di Paesi candidati a entrare nell’Unione europea. Una decisione più simbolica che pratica allo stato attuale, ma che dà dei segnali interessanti sullo scacchiere europeo. Il governo slovacco è stato tra gli sponsor più attivi perché all’Ucraina fosse concesso questo passaggio, e lo ha fatto per bocca del premier Eduard Heger in persona. Durante una visita ufficiale a Berlino lo scorso 12 giugno, il capo dell’esecutivo di Bratislava, ha invitato con toni fermi il suo pari grado tedesco Scholz ad accogliere la richiesta accelerata fatta da Moldavia, Ucraina e Georgia per ottenere lo status di Paesi candidati. Come detto, è arrivato il parere positivo del Consiglio Europeo e quindi il governo slovacco ha una piccola vittoria diplomatica da sfruttare, soprattutto sullo scenario nazionale. Se ne parla su Politico.

Sponde da destra per la maggioranza - Il governo è di fronte all’ennesima crisi della maggioranza che potrebbe portare al secondo rimpasto dall’inizio della legislatura. E questa volta, potrebbe essere un rimpasto con un passo a destra. È notizia del 23 giugno che il partito di maggioranza relativa Ol’ano ha fatto passare alla Camera un pacchetto di sostegno finanziario alle famiglie grazie ai voti dei deputati di L’sns, partito di estrema destra che si rifà apertamente ai simboli della Slovacchia collaborazionista dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

Questa mossa spregiudicata da parte di Ol’ano, il cui leader è l’attuale ministro delle finanze ed ex-premier Igor Matovič, mostra le preoccupazioni per la tenuta dell’attuale maggioranza, ma preoccupa molto i piccoli partiti che attualmente sostengono l’esecutivo e che non vedono di buon occhio la legittimazione dell’estrema destra che Matovič in campagna elettorale aveva promesso di non fare. Tuttavia, non è la prima mossa spregiudicata del giovane movimento politico che oggi guida la Slovacchia e verosimilmente non sarà l’ultima. I dettagli su Bloomberg.

Fico alla riscossa - Robert Fico è pronto a lanciare un referendum per chiedere elezioni anticipate. L’ex premier, famoso per i sospetti di coinvolgimento nell’omicidio del giornalista Jan Kuciak, per le sue posizioni antivax e per essere ambiguo nei confronti dell’Ucraina, è pronto a dare una spallata al già debole esecutivo con una raccolta di firme per un referendum che chieda le dimissioni del governo e il voto anticipato. È il secondo tentativo di Fico di lanciare una consultazione del genere, dopo che i precedenti quesiti erano stati ritenuti incompatibili con la Costituzione. Se questa volta dovesse raccogliere le firme necessarie e avere l’approvazione degli organi di controllo, Fico chiederà di tenere il referendum in concomitanza con le amministrative del prossimo autunno. Via Buongiorno Slovacchia.

La proposta di referendum viene caldeggiata anche da Hlas-Sd (Voce-Socialdemocrazia), nato da una frangia di scissionisti del partito di Fico e guidata da un altro ex premier, Peter Pellegrini. Quest’ultimo è ormai da tempo un feroce avversario di Fico, ma ha tutto l’interesse a dare il suo appoggio strumentale al referendum dato che gli ultimi sondaggi lo danno come il politico che ispira più fiducia tra gli elettori.

Tagli al gas - Com’era prevedibile visti i recenti sviluppi, il colosso russo degli idrocarburi Gazprom ha tagliato ulteriormente le forniture di gas destinate al mercato slovacco. L’amministratore delegato di Spp, la controllata slovacca dell’energia, ha dichiarato che la mossa non desta per ora grande preoccupazione grazie alle riserve e ai contratti in atto con altri fornitori, ma una cessazione totale dell’emissione potrebbe diventare un problema più serio. Lo riporta l’Ansa.

Il Toblerone, qualcuno sa perché - Il Toblerone, leggendario prodotto della cioccolateria svizzera e simbolo alpino nel mondo, parlerà slovacco a partire dal 2023. La holding americana che ha acquistato il marchio ha annunciato la delocalizzazione degli stabilimenti produttivi in Slovacchia con l’ovvio obiettivo di diminuire i costi. La fabbrica elvetica di Berna non sarà chiusa, ma ci si attendono robusti tagli al personale, cosa che gli operai svizzeri temevano già da tempo. Come ulteriore conseguenza della delocalizzazione, dalle confezioni di Toblerone sparirà la dicitura di cioccolato al latte svizzero. La produzione alla periferia di Bratislava non lo renderà più plausibile. Ne parla un articolo su Newsweek.


Repubblica Ceca

Al timone dell’Ue - Dal 1° luglio scatterà il semestre di presidenza ceca dell’Unione europea. Una data a lungo attesa da Praga, nonostante arrivi in un momento molto critico a livello internazionale. La difficile situazione in Ucraina, la crisi energetica in atto ad essa collegata e l’inflazione galoppante post-pandemica aggravata dal conflitto preannunciano sei mesi “burrascosi”, come li definisce Politico. Per il fragile governo ceco di Petr Fiala non sarà facile assumere il ruolo di guida designata dell’Unione in questo periodo turbolento. Da Praga fanno sapere che l’imminente presidenza ceca dell’Ue si concentrerà su un singolo obiettivo a breve termine: eliminare la dipendenza energetica da Mosca. Su Euronews.

Intanto, a partire da venerdì 24 giugno, nella capitale sono iniziati i festeggiamenti per il passaggio del testimone della presidenza Ue, ereditato dalla Francia. Lo slogan di un fitto cartellone d’eventi recita ‘Praha žije Evropou’ ossia ‘Praga incontra l’Europa’. Prevedono concerti di musica classica, jazz e chansonnier francesi, visite guidate, laboratori di giardinaggio o di riparazione d’oggetti, oltre a dibattiti multilingue. Li racconta, nel dettaglio e in inglese, Radio Praga.

Corruzione vicina al potere - E proprio alla vigilia della presidenza europea, il partito di governo Stan viene travolto da un caso di, presunta, corruzione. A farne le spese è l’ormai ex ministro dell’Educazione Petr Gazdík, che ha annunciato le dimissioni dal proprio incarico. Tutto nasce da uno scandalo che ha interessato l’azienda di trasporto pubblico praghese Dpp e nel quale 11 imprenditori sono accusati di aver intascato tangenti ed essere stati coinvolti nel traffico di stupefacenti. Uno dei sospetti, Michal Redl, ha incontrato varie volte l’ex ministro e ha avuto anche stretti contatti con un boss della malavita ceca ora in carcere in Sudafrica. Pur sostenendo di non avere commesso alcun illicito, Gazdík ha preferito farsi da parte. Il suo successore non è stato ancora reso noto. Il resoconto di Radio Praga.

Energia pulita accantonata? - Il tema di un rapido ed efficace smarcamento energetico da Mosca al centro dell’imminente presidenza ceca dell’Ue è altrettanto cruciale per Praga. «Si sta ripetendo quanto accaduto nel 1973 con la crisi petrolifera mondiale. Se si verificherà un taglio delle forniture di gas e greggio questo inverno, saremo costretti a bruciare qualsiasi cosa pur di mantenere le nostre persone al caldo e produrre elettricità», ha commentato l’esperto di sicurezza energetica ceco Vaclav Bartuška, intervistato da Euractiv.

Parole che confermano il timore di alcuni analisti e politici europei secondo i quali Praga potrebbe disinteressarsi a fare approvare nel proprio semestre di presidenza il pacchetto ‘Fit for 55’. Si tratta di norme che prevedono il dimezzamento delle emissioni inquinanti nell’Ue entro il 2030 e che rischiano di essere accantonate con il pretesto di un’imminente crisi energetica da risolvere nel breve periodo.

Ležáky, la Marzabotto ceca - In questi giorni nella Repubblica Ceca si sta celebrando l’80° anniversario della ‘Operazione Anthropoid’. Fu un elaborato piano per assassinare il gerarca nazista Reinhard Heydrich, vice-protettore della Boemia e Moravia, noto anche come ‘la bestia bionda’ o ‘il macellaio di Praga’ per via della propria ferocia. Il 27 maggio 1942 Heydrich venne ucciso da un kommando di paracadutisti cechi addestrati a tale scopo in Scozia dai britannici; prima colpirono con una bomba a mano la vettura scoperta sulla quale viaggiava e poi gli spararono contro.

La rappresaglia tedesca fu terribile. Non solo gli attentatori furono costretti a suicidarsi nella cripta di una chiesa di Praga nella quale si erano nascosti al termine di un assedio armato, ma ci si accanì anche su innocenti cittadini. Un primo villaggio, Lidice, venne raso al suolo e i suoi 199 uomini fucilati, mentre le donne vennero deportate al campo di concentramento di Ravensbrück. Sorte ancora peggiore toccò a un secondo villaggio, Ležáky, la cui intera popolazione di 33 abitanti venne trucidata, mentre l’insediamento venne dato alle fiamme e spianato. Oggi al suo posto sorge un memoriale. Su Radio Praga.

La targa all’ingresso dell’odierno memoriale di Ležáky, che si trova dove sorgeva il villaggio distrutto dagli occupanti nazisti come forma di rappresaglia contro i civili cechi / Wikimedia Commons


Ungheria

Ritornano i vicerè - Gli enti amministrativi ungheresi potrebbero riprendere la denominazione avuta per secoli sotto il regno d'Ungheria, passando da megye, contea, a varmegye, letteralmente contea di castello. Contestualmente, i commissari del governo alla loro guida riacquisterebbero il nome di ispanok, corrispettivo del latino comes, che dal Medioevo ha indicato i rappresentanti del re nelle province del Regno d'Ungheria.

È una modifica inclusa nella nuova proposta di emendamento alla Costituzione, che il governo sta approntando. Secondo i proponenti, in tal modo il Paese si riallaccia alla sua storia millenaria e alla tradizione, interrotta dai comunisti, nel 1950. Lo racconta Telex.hu. Ai tempi della riforma amministrativa del 2011, che aveva reintrodotto questi enti, János Lázár, attuale ministro dei Lavori pubblici, aveva messo in guardia dal reintrodurre questi nomi, che nella provincia ungherese evocano sopraffazione e privilegi dei potenti.


Veto sulla minimum tax - ll veto ungherese ha impedito l'approvazione, da parte dei ministri delle finanze dell'Ue, dell'aliquota minima al 15% per la tassazione delle multinazionali, secondo pilastro del più generale accordo in ambito Ocse sulla tassazione delle società a livello internazionale. La nuova regolamentazione, fortemente voluta dalla Francia, presidente di turno dell'Ue, era già stata bloccata in precedenza dalla Polonia. Il governo Orbán non aveva formulato in passato alcuna riserva.

Anche se gli esponenti ungheresi lo negano, scrive Le Monde, l'opposizione è nata per ragioni diplomatiche e mette ancora più a dura prova i rapporti tra il premier ungherese e l'Unione, sempre tesi per la questione dello stato di diritto e dei fondi Green Generation. Frattanto, il rappresentante permanente ungherese presso l'Ue Tibor Stelbaczky lascia il suo posto, in uno dei momenti più cruciali della storia del continente. Secondo Politico esprimendo stanchezza  per l'ingrato compito di difendere le sempre più intransigenti posizioni del proprio governo.


Pro Georgia e Balcani Occidentali nell'Ue - L'Ungheria, rappresentata nella Commissione europea da Olivér Várhelyi, commissario all'Allargamento, ha manifestato soddisfazione per la decisione del Consiglio Europeo di concedere lo status di Paese candidato all'adesione a Ucraina e Moldavia. Al primo ministro moldavo, Natalia Gavrilita, aveva espresso sostegno Viktor Orbán in persona durante un recente incontro, come racconta Hungary Today.

Al contempo il ministro degli Esteri ungheresi Szijjártó è volato venerdì in Georgia per esprimere il proprio rincrescimento allo stop alla candidatura del Paese del Caucaso, definito un'occasione perduta e una mancanza di rispetto per la Georgia. Via Agenda.ge. L'Ungheria deve incassare anche l'empasse del processo di allargamento nei Balcani Occidentali, giudicati cruciali per la sicurezza europea e regione in cui il governo Orbán sta svolgendo una forte attività diplomatica.


Arrestato a Budapest il Pablo Escobar brasiliano - Sergio Roberto de Carvalho, che la polizia brasiliana ritiene "uno dei più grandi trafficanti internazionali di oggi", è stato arrestato martedì in un ristorante della capitale ungherese. L'uomo è accusato di traffico di oltre 45 tonnellate di cocaina dal Brasile all'Europa tra il 2017 e il 2019 e di riciclaggio di milioni di dollari attraverso varie società di facciata. Al momento dell'arresto, Carvalho aveva  con sè dieci diversi documenti di identità ed è stato fermato solo dopo il rilevamento delle impronte digitali. Era stato già arrestato in Spagna in passato, ma aveva fatto perdere le proprie tracce dopo essere uscito su cauzione. Nel 2020 aveva fatto trapelare la falsa notizia del suo decesso, vittima del Covid. La decisione per la sua estradizione in Sud America spetta ora al ministro della Giustizia, Judit Varga. Via France24


Scontro Ryanair-Ungheria - È scontro aperto tra il governo ungherese e Ryanair dopo l'introduzione di una nuova tassa sugli extraprofitti delle compagnie aeree che per ogni passeggero in partenza dall'Ungheria, e la conseguente decisione di aumentare i prezzi dei biglietti da parte dell'aerolinea. Ryanair ha usato termini molto duri definendo la nuova tassa "ingiustificata e illogica, per opera di un governo completamente al di fuori dalla realtà", contrapponendo l'esempio di altri governi che, per rilanciare il settore, uno dei più duramente colpiti durante la pandemia, hanno invece scelto di sostenere le compagnie con sgravi fiscali. Sullo sfondo anche la lotta con l'altro grande vettore low cost europeo, l'ungherese Wizzair, che grazie a un utile di bilancio è uscita rafforzata dalla crisi legata al Covid.  Via China Global Television Network e Ch-aviation


Amok, scendere a patti col proprio male - Il corto di animazione "Amok" di Balázs Turai ha vinto il Festival Internazionale di Annecy, uno dei maggiori eventi del settore, che quest'anno ha visto più di 13mila ospiti accreditati. Il punto sul festival lo fa Cartoon Brew. Con la vittoria il film ha acquisito automaticamente anche una candidatura per la corsa agli Oscar del prossimo anno.

Amok è un "sogno febbricitante sotto luci al neon", un film barocco e psichedelico con una trama che parte come più mestamente non si potrebbe, con il protagonista vittima di un incidente automobilistico il giorno in cui dichiara il suo amore, si risolleva in modo straziante e impara a trattare con l'elfo malvagio che gli vive accanto. Qui il trailer.


La seconda vittoria del secolo - L'Ungheria dell'allenatore italiano Marco Rossi ha inflitto la più pesante sconfitta casalinga degli ultimi 94 anni all'Inghilterra, imponendosi per 4:0, nel quarto turno del girone A3 di Nations League. Una partita spiazzante e surreale, scrive The Athletic, con un’Ungheria spietata e proletaria. È un successo che riporta alla memoria l'altra vittoria ungherese in terra inglese, il glorioso 6:3 del 23 novembre 1953 a Wembley, prima sconfitta di sempre dei maestri del calcio tra le mura amiche per mano della "Squadra d'oro" magiara, capitanata da Ferenc Puskas.

Un fotogramma di ‘Amok’, il cortometraggio d’animazione ungherese premiato all’ultimo Festival di Annecy



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