Elezioni Cechia 2025: Babiš, analisi di una vittoria
di Fabio Turco
Il 3 e il 4 ottobre 2025 le cittadine e i cittadini cechi si sono recati alle urne per rinnovare il parlamento. Il verdetto è stato netto. ANO, il partito del miliardario populista, nonché ex premier, Andrej Babiš ha ottenuto la maggioranza delle preferenze con il 34,5% dei voti.
Non si è trattato di una sorpresa. Da almeno un anno tutti i sondaggi indicavano ANO come il grande favorito delle elezioni, e già alla vigilia una sua affermazione appariva scontata.
A sorprendere sono stati semmai l’entità della vittoria, e il distacco su quello che è stato votato come secondo partito, la coalizione conservatrice ed europeista Spolu (Insieme), che era stata la principale forza nel governo uscente. Spolu, guidata dal premier Petr Fiala, ha incassato il 23,6% dei voti, undici punti percentuali in meno rispetto al partito di Babiš. Per Fiala si è trattato di una sconfitta bruciante, che probabilmente ne ha determinato la fine politica.
In linea con le aspettative il risultato di STAN (Sindaci e Indipendenti), forza centrista e regionalista alleata di Spolu nell’ultimo governo, che è arrivata all’11,2%. Risultato secondo le attese anche per il Partito Pirata, che invece dall’alleanza di governo era uscito, dopo la batosta subita alle elezioni regionali di un anno fa. Il suo 9% ha una valenza doppia, considerando che, dopo la scissione, il partito era apparso in caduta libera.
Chi invece ha ottenuto meno rispetto a quanto prevedevano i sondaggi sono i due partiti collocati più a destra: Libertà e Democrazia Diretta (SPD), forza di estrema destra xenofoba e filorussa guidata da Tomio Okamura si ferma al 7,8%, mentre il partito degli Automobilisti per se stessi (Motoristé sobě) raggiunge il 6,8%, abbastanza per entrare in parlamento.
Non ce l’ha fatta invece a superare la soglia di sbarramento del 5% Stačilo!, coalizione rossobruna con istanze populiste, euroscettiche e filorusse.
I risultati completi delle elezioni 2025 (da Denik.cz)
IL VINCITORE
Per chi segue le vicende ceche, il personaggio di Babiš è ben noto, per gli altri potrebbe essere utile un ripasso.
Babiš è già stato primo ministro della Repubblica Ceca dal 2017 al 2021, anni vissuti tra alti e bassi, caratterizzati da scandali e proteste.
Il suo partito si chiama ANO 2011, dall’anno della sua fondazione, dove l’acronimo ANO sta per Akce Nespokojených Občanů (Azione dei Cittadini Insoddisfatti) a indicarne il carattere populista. Il nome gioca inoltre sul fatto che in ceco “ano” significhi “sì”.
Prima di diventare premier, Babiš aveva ricoperto la carica di Ministro delle Finanze e vicepremier tra il 2014 e il 2017, all’epoca del governo guidato dal socialdemocratico Bohuslav Sobotka. Fu costretto alle dimissioni dallo stesso primo ministro dopo che erano emerse diverse controversie su di lui, con l’accusa di aver effettuato operazioni finanziarie dubbie, frodi fiscali, e di essere stato più volte in situazione di conflitto di interessi.
Andrej Babiš. infatti, prima di essere un politico, è un uomo d’affari, proprietario di 210 società in svariati comparti, i cui interessi si concentrano soprattutto nel settore agrochimico. Fino a due anni fa è stato inoltre proprietario di vari media, facenti riferimento al gruppo editoriale Mafra (tra cui i quotidiani MF Dnes e Lidové noviny).
Da diversi anni Babiš è alle prese con l’accusa di aver ottenuto illegalmente sovvenzioni europee per un valore di 2 milioni di euro tramite una sua azienda. Il processo che ne è scaturito ha portato per due volte alla sua assoluzione e per due volte all’annullamento della sentenza da parte della Corte d'Appello di Praga.
Il profilo politico di Babiš può essere accostato a quello di Silvio Berlusconi (fu Foreign Policy ad affibbiargli il nomignolo di “Babisconi”), anche se oggi lui preferisce essere paragonato a Donald Trump. Indubbiamente un punto di contatto con queste due personalità, è un modo spregiudicato e un po’ naïf di fare politica. Babiš non è mosso da una chiara ideologia, cosa che lo distingue da altri due leader dell’Europa centro-orientale, Robert Fico e Viktor Orbán. Si muove in maniera più libera, e per questo basta osservare chi erano i suoi alleati nei passati governi, e chi potrebbero essere quelli futuri. Abbiamo già citato il partito socialdemocratico tra 2014 e il 2017. Nella legislatura successiva. in cui ANO è risultato il primo partito, Babiš è riuscito a costituire un governo di minoranza supportato dall’estrema destra di Libertà e Democrazia Diretta e dal Partito Comunista di Boemia e Moravia.
Anche il prossimo governo si reggerà su un accordo con delle forze esterne. Nonostante la vittoria schiacciante ANO ha ottenuto solo 80 seggi, ben lontano dai 101 necessari per avere la maggioranza semplice in parlamento. Gli unici due partiti che si sono dichiarati pronti a fargli da stampella sono ancora una volta Libertà e Democrazia Diretta (15 seggi), e gli Automobilisti per se stessi (13 seggi). Quest’ultimo è un partito di recente costituzione, che nasce in polemica contro le politiche ambientaliste del precedente governo e dell’Unione Europea.
Dopo una settimana di trattative, i tre partiti sono giunti a un accordo di coalizione, che dovrebbe portare alla creazione di un governo composto da 16 ministri: nove, compreso il primo ministro, saranno in quota ANO (Industria, Lavoro, Salute, Educazione, Interni, Sviluppo regionale, Giustizia) ; quattro saranno degli Automobilisti per se stessi (Esteri, Cultura, Ambiente, Sport Prevenzione Salute); tre invece i ministri di Libertà e Democrazia Diretta (Difesa, Agricoltura, Trasporti) che però potrà nominare anche lo speaker della Camera, presumibilmente il suo leader Tomio Okamura.
Non sono previsti ministeri per gli Affari Europei né per Scienza, Ricerca e Innovazione.
Nel momento in cui scriviamo, le trattative di coalizione sono ancora in corso per stabilire le priorità politiche. Babiš è un populista, ma non un estremista. Negli ultimi anni ha assunto posizioni sempre più euroscettiche, ma lo ha fatto soprattutto per calcolo elettorale. I suoi futuri partner di governo sono invece due partiti di impronta radicale, specialmente Libertà e Democrazia Diretta. Babiš dovrà quindi riuscire a stabilire un accordo che sfumi le istanze più estremiste. In questo senso ha già fatto sapere che qualsiasi richiesta di fuoriuscita dalla NATO o dall’Unione europea è fuori discussione.
Il presidente della Repubblica, Petr Pavel, dopo aver incontrato Babiš, ha dichiarato che nominerà il nuovo primo ministro solo dopo la convocazione della nuova Camera dei deputati, prevista per il 3 novembre.
Andrej Babiš nel suo discorso della vittoria (dal canale youtube AP Archive)
Spolu, cause di una sconfitta
Per un grande vincitore di questa tornata elettorale, c’è anche un grande sconfitto.
Si tratta del primo ministro uscente, Petr Fiala, alla guida della coalizione di centrodestra conservatrice ed europeista Spolu (Insieme). Spolu è un’alleanza di tre partiti composta da ODS (Partito Civico Democratico), KDU-ČSL (Unione Cristiana e Democratica - Partito Popolare Cecoslovacco) e Top 09 (Tradizione Responsabilità Prosperità 09). Quest’ alleanza si è ripresentata unita così com’era stato nel 2021, ma rispetto a quattro anni fa ha raccolto oltre il 4% in meno delle preferenze.
Per fare un’analisi di quanto accaduto bisogna innanzitutto dire una cosa: non si è trattato di una sorpresa.
I sondaggi indicavano da oltre un anno una forbice di circa 10 punti percentuali tra ANO e la coalizione che guidava il governo. Nessuna fluttuazione, segno che le sorti di questa elezione erano segnate da tempo e che da tempo le cittadine e i cittadini cechi avevano scelto quale strada imboccare.
Non sono stati anni facili per il governo ceco, entrato in carica nella seconda fase della pandemia di Covid-19 e pochi mesi prima dell’invasione russa dell’Ucraina su scala totale. Mentre la maggior parte dei Paesi europei viveva il rimbalzo economico del post pandemia, la Repubblica Ceca arrancava, alle prese con un deficit di bilancio intorno al 5%. Per ripianare la situazione il governo Fiala si è visto costretto a tagliare drasticamente la spesa pubblica. Per fare un esempio, nel giro di pochi mesi sono scomparsi circa 300 uffici postali in tutto il Paese (su un totale di 3200), con il conseguente taglio di circa 1000 posti di lavoro. Parallelamente è stato portato avanti il progetto di riforma delle pensioni, approvato nella primavera del 2024 dopo anni di battaglie in parlamento e di proteste di piazza. Prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni, e una riduzione dell’indicizzazione delle pensioni fino all’8%.
Una buona parte della cittadinanza non ha gradito questo regime di austerity, in cui ha invece avuto gioco facile l’inserimento di un politico populista come Babiš, che ha promesso il rilancio economico del Paese.
La guerra in Ucraina è stata un altro fattore importante. Fino al 2022 la Repubblica Ceca era fortemente dipendente dai combustibili fossili provenienti dalla Russia, venendo temporaneamente dispensata dal ban alle importazioni via terra di petrolio e gas, così come gli altri Paesi europei senza sbocco sul mare. A differenza di Slovacchia e Ungheria, Praga è stata però capace di differenziare il suo sistema di approvvigionamento fino a potersi dichiarare libera dalla dipendenza di Mosca. Naturalmente questo percorso ha comportato dei costi, che non hanno contribuito a migliorare la percezione da parte dei cittadini. Uno degli effetti della guerra è stato un forte aumento del prezzo dell’energia, che ha portato a un peggioramento dell’inflazione, già aumentata durante la pandemia. Al suo picco, nel giugno 2022, il fenomeno inflattivo ha segnato un aumento su base annua del 17,9%.
Il governo Fiala è stato inoltre uno dei più attivi nell’accoglienza umanitaria verso i rifugiati ucraini e ha avuto un ruolo significativo anche nel supporto militare. È grazie all’iniziativa ceca che l’Ucraina è riuscita a ottenere una fornitura rapida, sicura e costante delle munizioni di artiglieria necessarie per contrastare l’aggressione russa. Il programma, coordinato da Praga, mette in contatto le autorità ceche, produttori di armi e altri Paesi donatori che scelgono offerte concrete per finanziare gli acquisti. Babiš ha criticato i costi di questa iniziativa, da lui definita “opaca”, e non è certo che intenda darle continuità sotto il suo governo. Il premier in pectore ha inoltre più volte criticato le sanzioni occidentali a Mosca e i costi dell’accoglienza ai rifugiati ucraini. Queste sue prese di posizione hanno avuto presa facile su quella fetta di popolazione già scontenta per l’operato del governo.
Infine, un altro motivo che ha pesato sull’insuccesso elettorale della coalizione di maggioranza sono stati i continui dissidi interni, che al loro apice hanno visto il partito Pirata sfilarsi, a seguito della sconfitta alle elezioni regionali del 2024. Una rottura netta determinata anche dalla decisione di Fiala di esautorare il ministro dello Sviluppo regionale nonché leader del partito Ivan Bartoš. Secondo il primo ministro, Bartoš non sarebbe stato in grado di portare a termine il programma di digitalizzazione richiesto dal governo. La rottura con i Pirati ha provocato uno slittamento a destra della coalizione che a quel punto ha visto come suoi componenti solo Spolu e i centristi di STAN (Sindaci e Indipendenti). Va fatto notare come alle elezioni del 2021 i Pirati e STAN si fossero presentati insieme ottenendo il 15,6% delle preferenze, mentre in questo turno elettorale, da formazioni separate, abbiano conquistato combinatamente circa il 20% dei consensi.
Alla luce della sconfitta Fiala se ne è assunto la responsabilità e ha annunciato che non si ricandiderà come leader di ODS.
Petr Fiala davanti ai microfoni dopo le elezioni (dal canale youtube CNN Prima NEWS)
COSA SUCCEDE ADESSO
La linea politica del nuovo governo ceco sarà certamente di rottura rispetto a quella dell’esperienza Fiala, non dobbiamo però aspettarci posizioni oltranziste alla Orbán o alla Fico. Libertà e Democrazia Diretta e Automobilisti per se stessi hanno ottenuto un risultato tutto sommato contenuto rispetto alle previsioni, mentre ANO viaggia su una posizione di forza, datagli dal successo elettorale. Questo dovrebbe mettere al riparo da derive estremiste e dal referendum sull’uscita dall’Unione Europea invocato in passato da Okamura. Ci si può aspettare un calo nel sostegno all’Ucraina, ma difficilmente Babiš deciderà di andare al muro contro muro con Bruxelles. In campo economico il neo premier dovrà mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, come il taglio delle tasse (mirato soprattutto alle imprese) e un veloce recupero del potere d’acquisto. Si preannuncia inoltre complicata la convivenza con il presidente Pavel, fervente europeista e atlantista, molto vicino alle posizioni del governo uscente. Conoscendo il carattere istrionico di Babiš e quello risoluto di Pavel è presumibile che ci saranno scintille.
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