Le Filipinki, fenomeno pop della Polonia socialista

Filpinki e Warszawscy Stompersi in posa davanti al versante statunitense delle cascate del Niagara nell’ottobre del ‘66 (Wikipedia)


di Lorenzo Berardi


Fra l’estate e l’autunno 1959 la Polonia si prepara a iniziare le celebrazioni per il millenario della propria storia, che sarebbero cominciate l’anno seguente e proseguite sino al 1966. Sulle frequenze della radio pubblica imperversano le struggenti canzoni in stile partenopeo del toscano Marino Marini, destinato di lì a poco a incidere una hit in polacco, intitolata ‘Nie płacz, kiedy odjadę’ (Non piangere quando me ne sarò andato). Nei locali da ballo delle principali città del Paese, invece, i giovani si scatenano su note più movimentate, ballando il boogie, lo swing e il twist in voga in Occidente.

Continua a riscuotere grandi consensi anche la musica jazz, a lungo proibita dalle autorità comuniste, ma sdoganata a partire dalla morte di Stalin nel 1953, tanto che nell’estate del ‘56 in Polonia si è svolta la prima edizione del Festival del Jazz di Sopot. Alla fine degli anni ’50 chi si sintonizza su Radio Wolna Europa (Radio Free Europe) non rischia più la reclusione, ma deve tollerare le interferenze artificiali create per ostacolarne la ricezione. Disturbi che impediscono di apprezzare appieno e per intero i brani jazz trasmessi dall’emittente statunitense con sede a Monaco di Baviera.

 

Dal concerto scolastico ai tour nordamericani

In questo contesto, nell’ottobre ‘59, sessanta studenti della Scuola Tecnica Commerciale di via Sowiński a Stettino, formano un coro musicale. Lo dirige un loro insegnante, Jan Janikowski, e dovrebbe esibirsi per festeggiare i quindici anni dell’istituto scolastico. Janikowski si rende presto conto di come sia impossibile lavorare con un gruppo tanto ampio e decide di ridurre il coro a sole otto ragazze. L’ensemble viene chiamato Filipinki in omaggio a Filipinka, una popolare rivista dell’epoca rivolta alle adolescenti e che proseguirà le proprie pubblicazioni ancora per mezzo secolo.

L’esibizione scolastica va talmente bene che le Filipinki, sotto la guida di Janikowski, decidono di continuare a cantare assieme, ma solo nel ‘61 raggiungono una formazione consolidata, composta da sette interpreti. Si tratta di Zofia Bogdanowicz, Niki Ikonomu, Elżbieta Klausz, Krystyna Pawlaczyk, Iwona Racz, Anna Sadowa, Krystyna Sadowska e Halina Sztejner. Nessuna di esse ha radici a Stettino e le loro storie personali riflettono quelle di una città passata dalla Germania alla Polonia soltanto nel settembre ‘45, con migliaia di polacchi trasferitisi lì al posto di molti ex abitanti di lingua tedesca.

La principale voce solista del gruppo, Niki Ikonomu, proviene dalla Grecia e i suoi genitori sono arrivati a Stettino per lavoro nel 1950, portandola bambina con sé. Zofia Bogdanowicz è nata nell’odierno Kazakhstan, dove la sua famiglia era stata deportata dai sovietici a seguito dell’occupazione di territori polacchi orientali prima invasi e poi assorbiti dall’Urss. Elżbieta Klausz, invece, arriva da Vilnius, oggi capitale lituana, ma in passato città polacca con il nome di Wilno. Racz, Sadowa, Sadowska e Sztejner sono tutte originarie di altre parti della Polonia, da Łodz a Danzica, passando per Poznań e il remoto voivodato di Podlachia, oggi confinante con la Bielorussia. Nessuna di loro può immaginarlo, ma diverranno uno dei gruppi più amati della Repubblica Popolare di Polonia e un vanto per Stettino.

Le Filpinki ai tempi dei loro esordi canori presso la Scuola Tecnica Commerciale di Stettino, fra 1959 e 1960, sotto la guida del professor Jan Janikowski (http://pomeranica.pl/)

Sin dagli esordi e fino al termine della propria carriera le Filipinki rimangono un gruppo canoro e i loro unici strumenti restano le voci. Le adoperano con maestria per costruire melodie a cappella, sulla scia di quanto fanno negli Stati Uniti le Chordettes di ‘Mr Sandman’ e di ‘Lollipop’, hit uscite nel ‘54 e nel ‘58. Nella Polonia sospesa fra anni ’50 e ’60, tuttavia, le Filipinki non possono dichiarare di ispirarsi a gruppi d’Oltreoceano, ma debbono adeguarsi allo status quo, trovando un compromesso fra quanto è concesso e le mode giovanili del momento.

In questo senso, il titolo del brano che corona la loro fama in Polonia, inciso nel ‘63, resta emblematico: ‘Wala Twist’. La ‘Wala’ del titolo è la prima cosmonauta sovietica, Valentina Tereshkova, che aveva orbitato in solitaria attorno alla Terra a bordo della navicella Vostok 6 per tre giorni, nel giugno di quell’anno. Riascoltata oggi, la canzone pare molto lontana dal twist statunitense di Chubby Checker, ma grazie a un ritmo sbarazzino e a un azzeccato ritornello si intuiscono le ragioni del successo che ottenne. Persino all’interno di questo brano pop di due minuti e mezzo sono presenti riferimenti non banali come quello al signor Twardowski – personaggio della letteratura e del folklore polacco, la cui vicenda ricorda quella del dottor Faust goethiano – e all’altro cosmonauta sovietico, Yuri Gagarin.

L’ammiccamento a Tereshkova si rivela azzeccato. ‘Wala Twist’ diviene una hit sia in Polonia che nell’Urss, vendendo centinaia di migliaia di vinili e spalancando molte porte al gruppo. Un nuovo successo caratterizzato da sonorità spensierate che rimandano a quelle del Quartetto Cetra è ‘Batumi’, uscito sempre nel ‘63 e dedicato alla città (oggi georgiana) sul Mar Caspio. Assai più malinconica è invece ‘Ave Maria no Morro’, versione polacca di un brano tradizionale brasiliano (cantato poi anche da Zucchero e Andrea Bocelli) e il cui videodysk, girato sulle sponde del Baltico nel ‘64, pare diretto da Pier Paolo Pasolini. La vocazione verso i classici internazionali si conferma in ‘Dzieci Pireusu’, (I ragazzi del Pireo), cover di una canzone resa famosa della cantante e attrice greca Melina Mercouri. L’ellenico-polacca Niki Ikonomu la interpreta con vocalizzi virtuosistici degni di Mina. Un altro successo è ‘Bal Arlekina’, in cui l’alternanza fra un tema centrale compassato e un ritornello uptempo con inserti malandrini di sassofono ammicca a ‘Wala Twist,’ riassumendo in meno di tre minuti lo stile del gruppo di Stettino.     

‘La canzone non conosce confini’ recita il manifesto del primo tour nordamericano del gruppo canoro di Stettino, nell’autunno 1965 (Wikipedia).

Giunte all’apice della loro carriera, le Filipinki intraprendono vari tour internazionali, compresi due in Canada e negli Stati Uniti, nel ‘65 e nel ’66, compiuti in transatlantico. Le sette ragazze polacche, accompagnate dal complesso jazz dei Warszawscy Stompersi, diventano così il primo gruppo musicale di un Paese del Patto di Varsavia a esibirsi negli States. Il successo riscosso in Nord America non è paragonabile a quello ottenuto in quel periodo dalle band della British Invasion, ma le loro 37 date fra Boston, Chicago, Detroit, Montreal, New York e Toronto ottengono un buon riscontro di pubblico.

Da un lato, c’è la curiosità di ascoltare una girlband proveniente da una nazione socialista. Dall’altro i numerosi polacchi di prima o seconda generazione negli Usa sono lieti di accogliere queste ambasciatrici canore della madrepatria. E alcune delle canzoni eseguite dal gruppo durante le due trasferte nordamericane, quali ‘Paderewski Street’ e ‘Mr Wonderful’ strizzano l’occhio alla diaspora polacca. Per non parlare della decisione di proporre una versione in polacco di ‘Summertime’, il classico scritto trent’anni prima da George Gershwin per l’opera ‘Porgy and Bess’. Grazie a questo repertorio, capace di attingere sia alla tradizione statunitense che alla musica corale polacca e privo di connotazioni politiche, le Filipinki vengono accolte Oltreoceano con simpatia.

 

La rivoluzione musicale partita nel ‘67

Inevitabile che nei primi anni Sessanta in Polonia spuntino altri gruppi femminili emuli delle Filipinki, per replicarne il successo. Il più noto di essi sono le Alibabki, un sestetto anch’esso tutto femminile formatosi nel ‘63 a Varsavia. Non a caso una delle loro prime hit, ‘Kwiat jedney nocy’, ha un arrangiamento identico a quelli delle Filipinki. Eppure nonostante i loro esordi derivativi, le Alibabki riescono a evolvere musicalmente assai più del gruppo di Stettino. Il sestetto varsaviano passa da un repertorio iniziale di canzoni del movimento scoutista a cover dei Beatles (compresa una bizzarra versione polacca di ‘Obladi Oblada’), sino a sonorità ispirate allo ska giamaicano, anticipando il successo che questo genere avrebbe riscosso decenni dopo in Polonia. Anche le Alibabki fanno un tour nordamericano, nel ‘73, e diventano una delle presenze fisse del Festival di Opole, la Sanremo polacca.

Nel frattempo, come testimoniano le capriole stilistiche della Alibabki, i gusti musicali stanno mutando anche fra il Baltico e i Tatra. L’anno d’inizio di questa rivoluzione musicale è il ‘67, quando su Radio Free Europe in lingua polacca comincia il programma serale ‘Rendez-vous o szóstej-dziesięć’ (Rendez-vous alle sei e dieci). Va in onda sino al 1990, dando ampio spazio alle novità musicali pop e rock del mondo occidentale e, in particolare, anglofono. Questa trasmissione consente ai Beatles e ai Rolling Stones di raggiungere i giovani polacchi. E il suo successo è talmente travolgente da convincere persino le autorità comuniste ad assecondarlo. Ecco perché, già il 13 aprile di quel ‘67 i Rolling Stones di Mick Jagger suonano a Varsavia in uno storico concerto ospitato all’interno del Palazzo della Cultura e della Scienza, nella stessa sala dove cinque anni prima si era esibito Marini. La musica è cambiata anche in Polonia.

La scoperta del beat e del rock contamina anche la scena musicale interna dalla quale emergono e si affermano gruppi quali i Czerwone Gitary o i Trubadurzy, ispirati da quanto avviene Oltremanica. La loro non è musica di protesta, né può esserlo in quel contesto storico e politico. Le band compongono e cantano soprattutto canzoni d’amore, ma riescono a infilarci riff chitarristici e moderate concessioni alla psichedelia. I Czerwone Gitary si richiamano sin troppo a lungo al Merseybeat dei primi Beatles, mentre i Trubadurzy diventano ben presto una pallida imitazione dei Jethro Tull, lunghi assoli flautistici compresi.  

Nel ‘69 le Filpinki intraprendono un tour in Bulgaria con i concittadini Bez Atu, band il cui nome viene anglicizzato in un attualissimo ‘No Trump’ (Wikipedia)

Di cambiamenti, scioglimento ed eredità

A loro volta, le Filipinki non sperimentano troppo, ma comprendono come per restare in cima alle classifiche sia necessario adeguarsi alle tendenze del periodo. Quando gli anni ’60 stanno per terminare, ripongono in soffitta i vestiti lunghi tutti identici e le mise marinaresche degli esordi in bianco e nero per sfoggiare pantaloni a zampa d’elefante, maglie multicolori e persino qualche minigonna. A queso nuovo guardaroba, si accompagna un percepibile cambiamento musicale. ‘Daleko od Aten’ (Lontano da Atene) brano del ‘67, mette in risalto il contralto di Niki Ikonomu, che canta un testo ispirato alle proprie origini. La canzone, nota anche come ’Tu jest mój dom’ (La mia casa è qui), per via del proprio ritornello intriso di saudade ellenica, ha un arrangiamento sofisticato e intrecci vocali non lontani dai Beach Boys.

Il tentativo di provare a rimiscelare il proprio sound è ancora più netto in ‘Własny świat’ (Il proprio mondo), incisa anch’essa nel ‘67, sorretta dai barriti degli strumenti a fiato e arricchita da inserti chitarristici in sottofondo. Il cantato procede con sovrapposizioni dinamiche a due voci e un limitato ricorso alla parte corale a cappella che era stata sino ad allora il punto di forza del gruppo. Un’evoluzione continuata l’anno seguente con ‘Nie ma go’ (Lui non c’è), il brano del loro catalogo che più si avvicina a sonorità rock, con un orecchiabile riff di surf guitar degno della colonna sonora di un film di James Bond.

Simili esperimenti non riscuotono il gradimento sperato, forse perché per il pubblico polacco che le aveva apprezzate è difficile associare le innocue e innocenti Filipinki a questa musica, più sensuale e ribelle. Ciò nonostante, la carriera del complesso di Stettino prosegue sino a metà degli anni ’70 attraverso numerosi cambi di formazione e altrettanti infruttuosi tentativi di tornare sulla cresta dell’onda. Nel ‘74, quando ormai della formazione iniziale è rimasta la sola Krystyna Pawlaczyk, le Filipinki si sciolgono. La carismatica Niki Ikonomu, ha lasciato il gruppo quattro anni prima per unirsi alle Pro Contra, un altro ensemble canoro. In seguito, dopo essersi sposata con il compositore belga di origine polacca Henri Seroka, Ikonomu lo segue a Bruxelles e si allontana dal mondo della musica. Nessuna delle altre componenti originarie delle Filipinki è capace di replicare il successo ottenuto nei ruggenti anni ’60, pur cantando in altri gruppi polacchi nel decennio successivo.

Oggi, a 49 anni dallo scioglimento dell’ensemble, alcune delle sue componenti vivono ancora a Stettino, mentre altre sono prematuramente scomparse. Con il dissolvimento della Polonia comunista, a lungo le Filipinki sono state percepite come un’eredità musicale dei tempi andati e i loro successi del passato ritenuti demodé. Solo dieci anni fa, l’autore Marcin Szczygielski ha riportato il gruppo di Stettino sotto la luce dei riflettori grazie a ‘Filipinki – to my!’ (Filipinki – siamo noi!) uscito per i tipi di Agora. Si tratta di una ricca monografia illustrata che ripercorre la storia e la discografia di quella che viene definita "la prima girl band polacca", capace di vendere milioni di dischi e di attraversare tre lustri di carriera.

Szczygielski è figlio di Iwona Racz, una delle Filipinki, dettaglio che nulla toglie alla rilevanza del suo lavoro di riscoperta di una formazione musicale nata fra i banchi di scuola e capace di ottenere un breve successo internazionale, primo (e unico, se si escludono i Myslovitz) gruppo polacco a riuscirci nel Dopoguerra. Da quando il libro è stato pubblicato, in Polonia si sono moltiplicate le ristampe del catalogo delle Filipinki, mentre YouTube abbonda di storici videodysk del gruppo e nell’edizione 2014 del Festival di Opole è avvenuta un’estemporanea reunion, alla quale hanno partecipato cinque ex componenti della band. La musica proposta dalle sette ragazze di Stettino non fu certo innovativa, ma è innegabile che le loro note portarono un po’ di spenseriatezza nella vita di molti polacchi.  

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