Václav #58
20 settembre - 4 ottobre 2021
Benvenuti nel numero 58 di Václav, la rassegna stampa quindicinale con cui facciamo il punto su quello che succede in Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Al centro di questa edizione, soprattutto temi elettorali. Le urne si apriranno fra pochi giorni in Repubblica Ceca per scegliere i parlamentari della prossima legislatura e quindi anche per indirizzare il governo che guiderà il Paese per i prossimi anni. Il premier uscente Andrej Babiš sembra il favorito e gode di appoggi istituzionali forti, ma deve fare i conti con proteste e scandali. L’ultima in ordine di tempo, quella sollevata dall’inchiesta dei Pandora Papers. In Ungheria, invece, le opposizioni unite sono nel bel mezzo delle primarie per scegliere il candidato unico che avrà l’onore e l’onere di sfidare Viktor Orbán nella primavera del 2022. I risultati giunti finora sono piuttosto sorprendenti.
Parliamo anche degli sviluppi dello stallo sui migranti al confine tra Polonia e Bielorussia, e su come influisce sulla politica dei Paesi vicini. E, sempre con uno sguardo di politica estera, non mancheranno gli spunti su come l’avvicendamento al potere in Germania dopo la fine dell’era Merkel cambierà la situazione per i Paesi di Visegrád.
Per chi vuole, ci risentiamo tra sette giorni con la nostra newsletter Magda. Altrimenti, appuntamento fra due settimane con il Vacláv 59.
Buona lettura!
PUNTO COVID
Curva epidemica ancora in rialzo in Slovacchia. I contagi giornalieri sfiorano ora quota 1500, un numero che non si vedeva dallo scorso aprile. Il 76% dei nuovi casi e l’84% delle ospedalizzazioni riguardano non vaccinati. Una situazione preoccupante se si considera che solo il 44% della popolazione si è fatto inoculare il vaccino anti covid. A incidere sul dato lo scetticismo generale della popolazione, alimentato anche da alcuni partiti dell’attuale opposizione. Tra questi, il leader di Direzione Socialdemocrazia (Smer) ed ex premier Robert Fico ha dichiarato la sua intenzione di non essere vaccinato. Da Reuters.
I nuovi casi giornalieri di covid-19 sono tornati a superare quota mille in Polonia il 29 settembre. Non accadeva dal maggio scorso e il trend per ottobre promette un'ulteriore crescita dei contagi. Lo riporta Reuters. Nel frattempo procede a rilento la somministrazione dei vaccini, quasi invariata rispetto a due settimane fa. A inizio ottobre appena il 52% dei polacchi risulta interamente vaccinato.
In Ungheria, pandemia ancora sotto controllo con una media di 500 casi di positività al virus e meno di 10 decessi giornalieri. In rialzo leggero, ma costante, la concentrazione di virus nelle acque reflue. Il governo continua nella politica di completa apertura di strutture ricreative e sportive, senza alcun obbligo di mascherina, e punta a intensificare la distribuzione della terza dose di vaccino, ma esprime preoccupazione per gli oltre 5oomila ungheresi over 60 che a oggi risultano ancora non vaccinati e per l'aggravamento della situazione sanitaria nella vicina Romania.
Con un tasso di vaccinazioni giunte a ciclo completo ancora piuttosto basso (55,5% della popolazione), la Repubblica Ceca ha già ufficialmente aperto la campagna per la terza dose aperta a chiunque abbia ricevuto la prima dose almeno otto mesi fa. Il punto su Euractiv. Fa discutere la scelta di Praga in quanto in contrasto con le linee guida del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che ritiene la terza dose superflua se non per le fasce più vulnerabili della popolazione. Nel frattempo, i nuovi casi registrati hanno superato la media dei 600 al giorno con una tendenza in leggera crescita.
POLONIA
Crisi umanitaria al confine bielorusso
Non si sblocca lo stallo fra Varsavia e Minsk sulle centinaia di migranti bloccati ormai da due mesi alla frontiera fra Polonia e Bielorussia. I due Paesi continuano a fermarli e respingerli da una parte all'altra del confine. La situazione di queste persone, soprattutto afghani e iracheni, si fa di giorno in giorno più drammatica, con l'arrivo delle prime gelide temperature notturne e si sono registrati nuovi decessi fra di loro. Come riferisce Infomigrants, la guardia di frontiera di Varsavia ha inviato sms ai migranti con il messaggio: 'Il confine polacco è sigillato. Le autorità bielorusse vi hanno mentito. Tornate a Minsk!'.
Prosegue, e sarà esteso per altri due mesi, lo stato di emergenza indetto dal governo polacco che impedisce ai giornalisti di recarsi in un raggio di tre chilometri dalla frontiera. Una troupe della Bbc è riuscita ad eluderlo, documentando in questo reportage video la crisi umanitaria in atto alle porte dell'Unione europea.
Il 26 settembre il ministro degli Interni polacco, Mariusz Kamiński, ha mostrato in una conferenza stampa quelle che ha definito prove di terrorismo islamico trovate nei cellulari di alcuni dei 1200 migranti sinora respinti. Ne scrive Notes from Poland. Fra le immagini, trasmesse anche dalla televisione pubblica Tvp, ve ne sono alcune con contenuti zoofili e pedopornografici. Il portale polacco Okopress ha scoperto che provengono da video su Internet e nulla hanno a che fare con le persone fermate. La versione inglese di Gazeta Wyborcza lo definisce un tentativo del governo di demonizzare i migranti.
Turów resta aperta
Il 20 settembre la Corte di giustizia europea aveva imposto alla Polonia di pagare un risarcimento giornaliero di 500mila Euro alla Repubblica Ceca per la mancata chiusura della miniera di lignite di Turów. Dopo mesi di trattative, la disputa diplomatica, ambientale ed economica fra Varsavia e Praga non si è ancora risolta, nonostante il governo polacco annunci di voler risolvere il contenzioso pur senza chiudere l’impianto. Intanto, Deutsche Welle racconta come viene vissuta la situazione nella cittadina polacca di Bogatynia, nei pressi di Turów, del confine ceco e di quello tedesco.
Un frame della conferenza stampa con cui Mariusz Kamiński, ministro degli Interni, e Mariusz Błaszczak, ministro della Difesa, hanno mostrato le presunte foto trovate sui cellulari dei profughi bloccati al confine bielorusso.
Marcia indietro sulla 'propaganda Lgbt+'
Fra il 2019 e il 2020 cinque regioni polacche avevano adottato risoluzioni che denunciavano la presenza di una presunta 'propaganda Lgbt+ nel loro territorio. Documenti nero su bianco che avevano trasformato queste regioni - tutte amministrate dal partito di maggioranza al governo Diritto e Giustizia (PiS) - in aree nelle quali le persone si sentivano discriminate in base all’orientamento sessuale. La situazione aveva attirato l'attenzione della stampa internazionale e delle istituzioni di Bruxelles. La Commissione europea ha minacciato le cinque regioni polacche anti Lgbt+ di bloccare i fondi comunitari a loro destinati, avviando ad agosto una procedura d'infrazione contro la Polonia proprio per il mancato intervento sul tema. Oggi quattro regioni su cinque, Precarpazia, Piccola Polonia, Voivodato di Lublino e Santacroce - hanno deciso di ritirare le discusse risoluzioni. La quinta e ultima regione, il voivodato di Łódź, potrebbe decidere di fare lo stesso martedì 5 ottobre. Su Politico e Financial Times.
Rinnovata la licenza di Tvn
Dopo due anni di temporeggiamenti, il Consiglio nazionale per le trasmissioni (Krrit) ha rinnovato la licenza di trasmissione di Tvn, la principale emittente privata del Paese. Tvn è di proprietà degli statunitensi di Discovery+ e resta nel mirino di una discussa proposta di legge volta a limitare la presenza straniera nei media polacchi. Ribattezzata 'Lex Tvn' e sinora approvata dalla Camera ma non dal Senato polacco, prevede che nessun proprietario extra europeo possa avere più del 49% delle quote azionarie di un media polacco. Il rinnovo della licenza a Tvn, che sarebbe scaduta il 26 settembre, non ha allentato le pressioni del governo su Discovery+, che è invitata da una recente risoluzione del governo a vendere parte delle proprie quote. Pressioni dall'alto che ledono l'indipendenza della stampa nel Paese. Proprio per questo motivo, l'Unione europea promette di monitorare da vicino la situazione. Il punto di Euronews.
Il maxi aeroporto sulla carta
Si chiama Cpk, acronimo che sta per 'Porto centrale delle comunicazioni' e dovrebbe aprire entro il 2027 a Baranów, a metà strada fra Varsavia e Łódź su un'area di tremila ettari. Nelle intenzioni del governo, a lavori ultimati, qui dovrebbero convergere dieci linee ferroviarie ad alta velocità di nuova realizzazione e sorgere un aeroporto da costruire ex novo. Un progetto faraonico che ha molti oppositori in Polonia, specie considerando che Varsavia ha già due scali aeroportuali, mentre Łódź ha di recente messo in vendita il proprio per mancanza di voli e passeggeri. Sulla carta, inizialmente, il nuovo aeroporto di Baranów dovrebbe divenire un hub internazionale per 45 milioni di passeggeri all'anno, il doppio di quanti hanno volato da e per i due scali varsaviani nel 2019. Numeri che paiono molto ottimistici, specie considerando che ulteriori previsioni sul nuovo hub puntano a farne luogo di partenza o arrivo per 100 milioni di persone all'anno, trasformandolo in uno dei primi tre scali al mondo per volume di passeggeri. Come riferisce Notes from Poland, tuttavia, la pandemia ha consigliato maggiore prudenza e ora si pensa a rivedere questo modello di sviluppo, puntando invece maggiormente sul traffico di merci e di aerei cargo per l'hub di Baranów.
Riapre il Giardino dei Giusti
Il 23 settembre ha riaperto al pubblico il Giardino dei Giusti di Varsavia, con la prima cerimonia tenutasi dall'inizio della pandemia. Si tratta di uno spazio creato nel giugno del 2014 per commemorare i Giusti del mondo e si trova in un'area della capitale in cui sorgeva il Ghetto ebraico, raso al suolo dagli occupanti nazisti, e a poca distanza del Polin, il museo degli ebrei polacchi. La cerimonia del 23 settembre, alla quale hanno partecipato anche lo scrittore Francesco Cataluccio e l'ambasciatore italiano in Polonia Aldo Amati, ha ricordato personalità capaci di distinguersi per la loro capacità di lottare contro totalitarismi, persecuzioni e antisemitismo. Fra di esse il letterato cinese e Nobel per la Pace 2010 Liu Xiaobo ed Emanuel Ringelblum, creatore dell'Archivio che documenta la vita nel Ghetto di Varsavia. Via Gariwo.
REPUBBLICA CECA
Patto di ferro per il potere
L’8 e il 9 ottobre prossimi, i cittadini cechi voteranno per eleggere i deputati della nuova legislatura e dunque per decidere chi prenderà il posto occupato fino a oggi dal controverso leader di Ano, Andrej Babiš. Il premier uscente è il principale candidato per la vittoria finale. Lo dicono i sondaggi, che danno Ano al 27% dei consensi con le due principali coalizioni di opposizione ferme entrambe intorno al 21%. E lo dice anche il presidente della Repubblica Miloš Zeman, che ha dichiarato che consegnerà l’incarico di formazione del governo al leader del partito di maggioranza relativa. Anche nel caso in cui il blocco delle opposizioni dovesse contare numeri maggiori in parlamento. Le dichiarazioni di Zeman sono state accolte molto male sia dai candidati opposti a Babiš, sia da Un milione di momenti per la democrazia, il movimento che da mesi riempie le piazze ceche. Lo racconta Tim Gosling su Al Jazeera.
Lo scandalo dei Pandora Papers A pochi giorni dal voto, Babiš deve affrontare lo scandalo sollevato dall’inchiesta giornalistica Pandora Papers, coordinata dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij). Il premier ceco è accusato di aver acquistato tramite società offshore una villa nel sud della Francia per un valore di circa 20 milioni di Euro. I dettagli dell’inchiesta sul sito di Icij.
Sulla pelle dei migranti
Il caso dei profughi bloccati alla frontiera polacco-bielorussa non lasciano indifferente il dibattito pubblico in Repubblica Ceca. Nonostante attualmente Praga non abbia particolare interesse diretto sul tema, la fase calda della campagna elettorale fa sì che i candidati usino ogni tema possibile senza esclusione di colpi. Lo ha fatto in particolare il premier uscente Babiš, agitando uno spauracchio comune a molti leader conservatori dell’Europa centrale, ovvero evocando i danni che l’integrazione di migranti avrebbe portato in Occidente in termini di sicurezza. L’obiettivo di Babiš era quello di indebolire gli avversari del partito Pirata, definiti un pericoloso gruppo di estremisti di sinistra. Come riporta Kafkadesk, i numeri sembrano avergli dato ragione, il distacco in suo favore è ritornato ampio.
Affari in difesa
Dopo lo smacco dell’appalto saltato con l’Australia, l’industria bellica francese cerca di recuperare terreno sul mercato interno comunitario. È notizia ufficiale infatti, riportata da Reuters tra gli altri, l’acquisto da parte delle forze armate ceche di 52 lanciarazzi Caesar di produzione francese per un valore di 257 milioni di euro. La mossa è stata salutata con favore in ottica di un rinforzamento delle difese comuni europee come pochi giorni prima promosso dal presidente Macron in persona.
Padri e figli
Se da un lato Babiš sembra avere tutte le carte a suo favore in vista del fine settimana elettorale, qualche grana nell’urna gli potrebbe arrivare dal suo figlio secondogenito e che porta il suo nome. Andrej Babiš junior, come racconta Andreas Pieralli su East Journal, è coinvolto in prima persona nel grande e irrisolto scandalo del premier ceco legato alla holding Agrofert di cui è proprietario. Il figlio ha dichiarato di essere stato costretto a fare da prestanome per permettere al padre di eludere alcuni regolamenti europei sulla concorrenza.
Libertà di cognome
Il parlamento di Praga ha approvato la proposta dell’ex ministra della Giustizia Helena Valková che toglie alle donne ceche l’obbligo di declinare al femminile il proprio cognome con il caratteristico suffisso –ova. Tale possibilità, finora, si applicava solo ai cognomi indeclinabili per natura o alle donne sposate con cittadini stranieri. Oggi invece ogni donna ceca sarà libera di scegliere se seguire la tradizione o meno. Massimo Congiu ne parla sul Manifesto.
Storia – i giorni dei Sudeti
Il 30 settembre di ogni anno ricorda una delle pagine più amare della storia recente ceca e slovacca. In quella data nel 1938, il trattato di Monaco sanciva il passaggio forzato della regione dei Sudeti dalla Cecoslovacchia alla nuova Germania di Hitler in seguito agli scontri e alle proteste –manovrate ad arte dal partito nazista- all’interno della minoranza tedesca residente nella regione. Fu la seconda, subito dopo l’Anschluss con l’Austria, mossa con la quale la politica aggressiva del terzo Reich si presentò al mondo. Presenti a Monaco, oltre ad Adolf Hitler, anche Benito Mussolini e i primi ministri britannico e francese dell’epoca. Nessun esponente cecoslovacco fu invitato a partecipare. Il ricordo di quel giorno amaro su Kafkadesk.
UNGHERIA
Primarie: Klára Dobrev e Dk in vantaggio
Klára Dobrev, di Coalizione democratica (Dk), è in testa dopo il primo turno delle elezioni primarie dell'opposizione che designerà il candidato unico che sfiderà Orbán alle politiche della primavera prossima. Dobrev, 49 anni, ha raccolto il 34% dei consensi superando il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, 27%, e il conservatore cattolico Péter Márki-Zay, 20%. Dk si è anche aggiudicata 32 dei 106 candidati nei collegi uninominali. I dati completi del voto nella sezione in inglese di Telex.
Al secondo turno, in programma tra due settimane sembra probabile l'apparentamento tra Karácsony e Marki-Zay. Ha vinto la candidata più europeista, ricorda Reuters. Bloomberg sottolinea l'estrema eterogeneità dei partiti che si sono presentati alle primarie. Lasciano dei dubbi la linea di rottura del programma di Dobrev, che prevede la riforma della costituzione e la sospensione della Corte Costituzionale [composta da 15 membri, tutti di Fidesz] e, in caso di vittoria al secondo turno, le incertezze dovute alla sfiducia di una larga fetta dell'elettorato nei confronti del marito di Dobrev, fondatore del partito ed ex premier Ferenc Gyurcány, dopo lo scandalo morale e la pessima gestione della crisi finanziaria quando era al governo nel 2006-2009.
Klara Dobrev, europarlamentare e vicepresidentessa in carica del parlamento europeo. Sembra lei la favorita a guidare le opposizioni alle prossime elezioni politiche ungheresi previste per la primavera 2022. (Foto: Wikipedia)
Vista sulla Germania
Le elezioni tedesche hanno sancito la vittoria dei socialisti di Spd e ora toccherà, con tutta probabilità, al loro leader Olaf Scholz l’incarico di formare un nuovo governo. Un compito non facile considerando i risultati usciti dalle urne, come spiegato dal Post. L’Ungheria è spettatrice interessata: qualunque sarà il futuro assetto politico della Germania, l’addio di Angela Merkel alla cancelleria porterà ripercussioni sia in ambito economico che nello scontro con l'Ue per il rispetto dello stato di diritto. Secondo Politico, quest'ultima è una questione che è scappata di mano persino a Merkel ed ora un inasprimento dei toni sembra inevitabile, anche visto che Orbán ha ormai oltrepassato molte linee rosse e non farà certo passi indietro con l'approssimarsi delle elezioni politiche ungheresi.
Per die Presse, l'Ungheria come nuovo cancelliere preferirebbe Laschet, che finora ha mostrato scarso interesse per il tema, e non Scholz, dati gli scontri tra Orbán e i socialisti europei. Un giornalista che conosce molto bene sia l'Ungheria che la politica tedesca come Paul Lendvai scrive sull'austriaco Der Standard che dovremo dire addio alla stabilità politica tedesca e che un'anatra zoppa a spasso per l'Ue difficilmente potrà imporre la disciplina ai riottosi Paesi di Visegrád.
Dubbi sul Recovery Plan
Si avvicina la resa dei conti per l'approvazione da parte della Commissione europea del piano economico del governo ungherese riguardante il Recovery Fund, su cui in luglio erano state sollevati dubbi relativi alle misure anticorruzione. Come riportato da Le Figaro, il ministro degli Esteri, Péter Szíjjártó, ha ribadito che il governo Orbán non è disposto a fare alcuna concessione sulla questione. Szíjjártó ha sottolineato inoltre che Moody's ha alzato il rating del debito ungherese da stabile a positivo che vi è stata una risposta eccezionale alla recente emissione di titoli di stato. Moody’s ha giustificato il provvedimento con l’aumentata attrattiva del Paese per gli investimenti internazionali e le politiche del governo che favoriscono la crescita.
Nobel sfumato
Sta facendo incetta di riconoscimenti internazionali la ricercatrice medica ungherese Katalin Karikó, i cui studi, condotti presso la University of Pennsylvania, insieme al collega Drew Weissman, sono alla base dello sviluppo dei vaccini anticovid a Rna messaggero. I due, dopo il premio Principessa delle Asturie hanno ricevuto a settembre il Breakthrough prize, la Grand Medaille dell'Accademia Francese delle Scienze e il premio Lasker della comunità scientifica americana. È mancato tuttavia il premio più prestigioso, il premio Nobel per la medicina per i quali Karikó e Weissman erano considerati i grandi favoriti. Nei giorni scorsi ne avevano parlato France24 e Forbes. Il riconoscimento è stato assegnato a David Julius e Ardem Patapoutian, per la loro scoperta su come la pelle percepisce la temperatura e le carezze. Un longform sulla storia di Katalin Karikó, che ha visto anni di ricerca non pagata inseguendo un'idea che sembrava folle è apparso in questi giorni sul Washington Post.
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SLOVACCHIA
Stato della nazione e riforma della Sanità
Nel suo secondo discorso al parlamento sullo stato della nazione, riportato da Euractiv, la presidente della Repubblica Zuzana Čaputová ha parlato della Slovacchia come di un Paese ferito che ha un disperato bisogno di stabilità e di una linea chiara di governo. Si è soffermata in particolare sui sentimenti di paura e odio che attraversano il paese dividendo la società e sull'insufficiente risposta del sistema sanitario alla pandemia che ha portato a registrare in Slovacchia la più alta percentuale di decessi da covid in rapporto alla popolazione. Quasi in risposta all'appello di Čaputová, il governo ha presentato la riforma del sistema ospedaliero che prevede la ridefinizione di ruolo e status dei singoli ospedali in modo da ottimizzare la rete sanitaria. Come riferisce Buongiorno Slovacchia, il piano, che verrà avviato con i soldi in arrivo dal Recovery Fund, partirà solo nel 2024 e all'interno della coalizione di governo, non ha l'appoggio dei conservatori di Siamo una famiglia (Sme Rodina).
Diplomazia del vaccino con Taiwan
Sono arrivate a Taiwan 160mila dosi di vaccino donate dalla Slovacchia, segno, come racconta Taiwan Today, dell'ottimo stato delle relazioni tra due Paesi che condividono valori di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani. Secondo il Global Times, giornale in inglese del Partito Comunista Cinese, è un'ovvia provocazione e un tentativo di soffiare sul fuoco dopo che la Lituania ha recentemente ha aperto un ufficio di rappresentanza a Taipei che contiene il nome "Taiwan" sposando il riconoscimento diplomatico dell'isola. A ottobre è attesa in Slovacchia una nutrita delegazione commerciale taiwanese di 65 membri per intensificare l'interscambio tra i due Paesi.
Soldi da spendere
Alla Slovacchia rimangono da utilizzare 9,23 miliardi di Euro dal pacchetto di fondi strutturali e investimento Ue per il periodo 2014 - 2020. A questa somma vanno sommati i fondi anticrisi React-Eu, che portano la cifra totale a 9,39 miliardi di Euro. I soldi devono essere spesi necessariamente entro il 2023 per non essere persi. La notizia su Buongiorno Slovacchia.
I quattro musicanti di Brema a Bratislava
La città di Brema e la collezione privata Map Collection hanno ceduto in prestito al comune di Bratislava un complesso scultoreo in bronzo che rappresenta i quattro musicanti della celebre fiaba dei fratelli Grimm. La statua, alta cinque metri e pesante due tonnellate, ha trovato posto in piazza Mattia Corvino e resterà lì per dieci anni. Zuzana Aufrichtová, sindaco del distretto del centro storico, ha dichiarato che si tratta di un lavoro che ispira fiducia e positività «In questi tempi difficili di pandemia, può essere fonte di incoraggiamento». Ne scrive Slovak Spectator.
La Slovacchia in mostra in America
Il museo nazionale dei cechi e degli slovacchi di Cedar Rapids nello Stato americano dell’Iowa, ha inaugurato una mostra intitolata “Tesori della Slovacchia”, che raccoglie una vasta esposizione di cimeli raffigurativi della cultura e del folklore slovacco. Tra questi, un orologio del XVI secolo che rappresenta una battaglia tra ungheresi e ottomani, una bandiera del 1848 e gli occhiali di Alexander Dubček. Via The Gazette.
Katalin Karikó, la ricercatrice ungherese che con i suoi studi sull’Rna messaggero ha aperto la strada ai vaccini oggi in uso contro il covid-19. Il sogno del premio Nobel per la Medicina, per cui era la favorita della vigilia, è sfumato all’ultimo momento. Foto: statnews.com