Václav #57
1 - 19 settembre 2021
Dopo la pausa estiva, ritorna il Václav con la sua edizione numero 57. E nei prossimi giorni torneranno anche la nostra newsletter, con alcune novità, e un nuovo longform dopo quelli pubblicati in estate.
Apriamo questa edizione con un focus dedicato alla delicata questione migratoria innescata dalle crisi e dai sommovimenti politici avvenuti fra Bielorussia e Afghanistan. La situazione, che nelle ultime ore ha purtroppo registrato le prime vittime, ha convinto la Polonia a dichiarare lo stato d’emergenza lungo i propri confini, impedendo ai giornalisti di recarvisi e di raccontare la crisi umanitaria in atto. Un tema, quello dei rifugiati e della loro accoglienza che coinvolge da vicino anche il resto dell’Europa Centrale.
Segue un riepilogo sull’evolversi di pandemia e vaccini nel V4, alle porte di una stagione autunnale che si annuncia complessa. E poi arriva la carrellata di notizie tra i vari Paesi, a cominciare dagli importanti appuntamenti elettorali in arrivo nella Repubblica Ceca (parlamentari) e in Ungheria (primarie dell’opposizione). In Polonia non si andrà alle urne fino al 2023, ma crescono i timori per l’attacco alla libertà di stampa e all’indipendenza della magistratura, con lo spettro di possibili sanzioni europee in arrivo. Infine, diamo ampio spazio alla visita di Papa Francesco in Slovacchia e Ungheria con alcuni temi che ha sollevato.
Chiudiamo con una pagina calcistica sui generis, nella quale ci occupiamo di sport, ma anche di come razzismo, nazionalismi e questioni identitarie possano influenzarlo e adoperarlo come megafono.
Buona lettura!
MIGRAZIONI E CONFINI
Varsavia ha denunciato che nel solo mese di agosto più di tremila persone avrebbero cercato di varcare irregolarmente il confine tra Bielorussia e Polonia. Si tratta perlopiù di iracheni, siriani e afghani. Sotto accusa, il regime di Minsk, che utilizza i richiedenti asilo per mettere sotto pressione i Paesi della regione, in risposta alle sanzioni imposte dall’Ue. Il giornalista investigativo Tadeusz Giczan ha rivelato sul suo blog che dall’inizio dell’anno i collegamenti aerei settimanali tra Iraq e Bielorussia sono passati da uno a quattro. Con l’aiuto della agenzie di viaggio irachene, centinaia di persone vengono trasportate, a pagamento, in Bielorussia e alcune vengono condotte verso il confine con Polonia, Lettonia o Lituania.
Tra le vicende più drammatiche, quella dei 32 afghani bloccati dal 9 agosto al confine fra Bielorussia e Polonia. Condotte alla frontiera dai funzionari bielorussi, il loro passaggio è stato fermato dalle guardie polacche. Ne è nato un muro contro muro, tuttora in essere. Il governo polacco ritiene che si tratti di un ricatto da parte di Lukashenko e si è dimostrato inflessibile verso ogni richiesta di aiuto, sostenendo che il gruppo si trovi in territorio straniero. Se ne occupa il Washington Post.
Il 19 settembre, complici le basse temperature, si sono registrate le prime vittime. Nei pressi del villaggio di Giby, a 13 chilometri dal confine con la Lituania e 15 con la Bielorussia, è stato rinvenuto il corpo di un iracheno, deceduto probabilmente per ipotermia. Altre due persone sono morte poco più a sud, probabilmente sempre per cause dovute al freddo. Una donna irachena è stata invece trovata esanime in territorio bielorusso, a pochi chilometri dal confine con la Polonia. La notizia su Deutsche Welle.
Al pari della Polonia, anche la vicina Lituania è pronta a costruire una barriera per impedire l’accesso non autorizzato al proprio territorio lungo i 679 chilometri del suo confine con la Bielorussia. Alla costruzione di questa linea di difesa contro quella che viene ritenuta un’immigrazione illegale incoraggiata ad hoc dal regime di Minsk parteciperà economicamente anche la Repubblica Ceca. Come riporta Kafkadesk, il governo di Praga ha annunciato lo stanziamento di 530mila Euro, che si aggiungono ai 12 milioni di Euro allocati dalla Commissione europea a favore del rafforzamento dei confini estoni e lituani.
La questione più spinosa sul diritto d’asilo ai profughi afghani in arrivo in Europa in seguito alla riconquista del loro Paese da parte delle forze talebane appartiene sicuramente alla Polonia. Non sono mancate tuttavia le polemiche nemmeno in Slovacchia, Paese tradizionalmente ostile all’arrivo di migranti e profughi da Asia e Africa. Dopo essersi mossa per permettere il rimpatrio dei propri inviati e dei loro collaboratori, la diplomazia di Bratislava ha subito chiuso ad altri arrivi. Il presidente del parlamento, ed esponente della coalizione di governo, Boris Kollár, ha dichiarato che gli afghani non possono essere integrati, ma aiutati nel proprio Paese. Se ne parla su Euractive.
Rifugiati afghani accampati fra militari polacchi e bielorussi lungo il confine fra i due Paesi nei pressi del villaggio di Usnarz Górny.
BREVI COVID
Dopo un’estate tranquilla, in Polonia tornano progressivamente a salire i contagi, seppure con numeri più bassi rispetto ai Paesi dell’Europa occidentale. Nella settimana appena trascorsa il giorno peggiore ha registrato 797 nuovi casi. Nelle scorse settimane il ministro della Salute, Adam Niedzielski, aveva previsto un incremento fino a mille casi giornalieri a fine settembre e cinquemila a fine ottobre. Preoccupa la bassa percentuale di vaccinati, pari al 51% della popolazione.
Nella Repubblica Ceca i vaccinati con doppia dose hanno appena superato il 55% degli abitanti, ma restano al di sotto della media europea, nonostante il governo punti a raggiungere il 75% entro fine anno. Nel frattempo, i contagi giornalieri sono tornati ai livelli di fine maggio, con un record stagionale di 554 nuovi casi registrati il 17 settembre. Anche per questo motivo, tre giorni dopo, il governo ha aggiornato la lista rossa dei Paesi europei epidemiologicamente non sicuri che ora conta 20 Stati, fra i quali non figura l’Italia.
Situazione più critica in Slovacchia, dove i nuovi casi sfiorano ormai i mille giornalieri e sono tornati a crescere dalla fine di agosto, anche a seguito del ritorno di vacanzieri locali dalla Croazia. Al 18 settembre solo il 41% della popolazione risulta completamente vaccinato, dato fra i più bassi in Europa. Il Ministero della Salute stima che il picco dei contagi si registrerà a ottobre. Per il momento, tuttavia, non sono state reintrodotte restrizioni nell’accesso a scuole, luoghi pubblici ed eventi sportivi.
Infine l’Ungheria, dove le uniche misure anticovid attualmente in vigore restano l'obbligo di mascherina nelle strutture sanitarie e il possesso di certificato vaccinale nazionale per l'ingresso in cinema e teatri. La vaccinazione della popolazione si è attestata attorno al 58% di ungheresi che hanno ricevuto la seconda dose, ma già da inizio settembre si somministra la terza dose ad anziani e pazienti fragili.
UNGHERIA
In cerca di un anti Orbán – Il Financial Times racconta l'inizio della campagna elettorale per le primarie dell'opposizione, il cui primo turno si terrà dal 18 al 26 settembre. Tra i cinque contendenti che si affrontano per il posto di sfidante alla carica di primo ministro, i sondaggi mostrano in vantaggio il sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, candidato per i socialisti e Párbeszéd, seguito da Klára Dobrev di Coalizione Democratica. L'obiettivo è unire le forze di tutte le componenti politiche contrarie al governo di Viktor Orbán e ripetere su scala nazionale la vittoria ottenuta nelle amministrative per la capitale nel 2019. Secondo gli analisti, Fidesz - il partito di Orbán - possiede ancora un grande margine di vantaggio, ma l'opposizione non è mai stata così vicina a essere uno sfidante pericoloso.
Nel frattempo, sabato 18 settembre, le primarie sono state subito sospese per il weekend e prolungate poi di altri due giorni fino al 28 settembre per un attacco hacker che ha colpito il sistema di votazione. Ignoti gli autori dell’offensiva informatica, anche se è stato appurato che ha avuto fisicamente origine dalla Cina, come riferisce l’edizione ungherese di Telex.
Budapest centro del cattolicesimo mondiale – Dal 5 al 12 settembre Budapest ha ospitato i lavori del 52° Congresso Eucaristico Internazionale. Il congresso ha visto un'ampia rappresentazione delle varie anime della Chiesa cattolica, con vescovi arrivati dai cinque continenti tra cui spiccava la presenza di una quarantina di esponenti delle chiese sui iuris orientali. Si è ribadito il messaggio di fraternità portato dall'Eucaristia e di unità della Chiesa che parte, come scrive sull'Osservatore Romano il padrone di casa, cardinale Péter Erdő della diocesi di Esztergom-Budapest, da un Paese che pone in contatto Oriente e Occidente, in cui cristianesimo e Ungheria hanno camminato insieme per mille anni.
Toccata e fuga papale – È durata sole sette ore la visita di Papa Francesco a Budapest in occasione della giornata di chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale. Come riporta Avvenire, il programma del Pontefice ha visto l'incontro con i vescovi ungheresi, a cui ha chiesto di mostrare il volto accogliente della Chiesa, soprattutto nei confronti dei migranti, con le comunità ebraiche e, in un breve colloquio a porte chiuse in dubbio fino all'ultimo, anche con Orbán. Il premier ungherese ha dichiarato di aver invitato il Papa a difendere l'Europa cristiana, mentre Francesco, nella grande messa celebrata in piazza degli Eroi, ha invece messo in guardia da messianicità mondane lontane dalla logica di Cristo.
L'accordo con la Russia sul gas isola l'Ucraina – Reuters riferisce dell'accordo quindicinale per la fornitura di gas siglato tra Ungheria e Russia, tramite gasdotti via Serbia, attraverso la nuova estensione del Turkish Stream, e Austria, bypassando quindi l'Ucraina. Secondo la Frankfurter Allgemeine, è la prova che la Russia sta cercando di legare a sé il più possibile i Paesi dell'Europa Sud-orientale. Il regime che vede Gazprom sia produttore che gestore degli oleodotti, pratica non consentita nell’Ue, impedisce ad altri fornitori l'accesso a queste linee.
Fuori dall’Unione Europea – Si interessa di Ungheria anche Daron Acemoğlu, professore di Economia presso il prestigioso Mit di Boston, che su Project Syndicate prende spunto dal difficile percorso della democrazia in Afghanistan e consiglia di rafforzare piuttosto i principi democratici nei Paesi occidentali e di cambiare i trattati in modo da impedire il diritto di veto anche di un singolo Stato nelle procedure di infrazione e consentire l'espulsione dei Paesi che non condividono i valori democratici.
Il rapido incontro in extremis fra Papa Francesco e il premier ungherese Viktor Orbán avvenuto a Budapest il 12 settembre.
REPUBBLICA CECA
Una finestra sul voto – L’8 e il 9 ottobre i cechi andranno alle urne per le parlamentari. I sondaggi della vigilia mostrano un netto recupero del partito di governo Ano, che sino a maggio era in picchiata nei consensi. Oggi la formazione del premier Andrej Babiš supererebbe il 25% delle preferenze alle urne, sopravanzando di poco entrambe le principali coalizioni d’opposizione. La prima, anti-establishiment, è formata dai Pirati e dal movimento Sindaci e indipendenti; la seconda Spolu, raggruppa tre formazioni di centrodestra. Secondo Euronews, fra le ragioni di questo inaspettato ritorno in auge di Ano vi sarebbero l’allentarsi dell’emergenza covid durante l’estate e l’efficace campagna elettorale condotta dal partito di Babiš. Radio Praga ha preparato un esaustivo riepilogo sul funzionamento del sistema elettorale e sui principali movimenti presenti alla parlamentari di ottobre.
Lo strano caso di Aleksandr Franchetti – Si chiama Aleksandr Franchetti e, a dispetto dell’italianissimo cognome, è un cittadino russo residente in Repubblica Ceca. Nel 2014 fu coinvolto nelle operazioni che portarono alla discussa annessione della Crimea a Mosca alla guida di un gruppo paramilitare da lui fondato. Il 12 settembre Franchetti è stato arrestato all’aeroporto di Praga su indicazione delle autorità ucraine che ne hanno chiesto l’estradizione per processarlo a Kiev. Irritate le reazioni di Mosca, con il Comitato investigativo russo che ha definito l’arresto di Franchetti: ‘un cattivo utilizzo dei meccanismi legali internazionali motivato da una persecuzione di carattere politico’. Come racconta Radio Free Europe, da anni il 48enne cittadino russo vive nella capitale ceca, dove avrebbe lavorato in una palestra, e vi figura quale residente permanente sin dal 2013. Elementi di un’apparente normalità che contrastano con il suo coinvolgimento negli eventi bellici in Crimea ai quali ha partecipato.
Economia di un mercato – Negli ultimi anni ‘rivitalizzazione’ è divenuta un’espressione molto in voga in Europa Centrale. Grazie a fondi locali o europei si cerca di recuperare aree degradate ma iconiche, soprattutto nelle grandi città. Fra i vantaggi, quello di renderle più vivibili e attraenti per i visitatori, combattendo criminalità e incuria. Fra i rischi, quello di snaturarne l’identità, costringendo i suoi abitanti e commercianti ad abbandonarle. Lo storico mercato di Holešovice, a Praga, esiste da 125 anni sull’area di un ex mattatoio. A partire dagli anni ’90, sconfitto dal proliferare di centri commerciali, si è trasformato in un’area dalla dubbia reputazione, contraddistinta da banchi di merce contraffatta e persino da un bordello. Da qualche anno, il luogo sta migliorando con la presenza di un mercatino creato dagli agricoltori locali, negozi di antiquariato ed eventi, ma l’amministrazione di Praga intende accelerare questo processo, trasformando gli 11 ettari di Holešovice in un luogo ‘trendy’ dove fare acquisti. Il progetto su Radio Praga.
Batman salva Praga – La capitale ceca sostituisce Gotham City nelle strisce di un fumetto che vede Batman combattere un insidioso criminale nelle strade della Praga degli anni ’80. Il 14 settembre, a 82 anni dalla nascita del misterioso alter ego del miliardario Bruce Wayne, DC Comics ha pubblicato l’albo speciale ‘Batman: The World’ che vede il supereroe notturno battersi in 14 Paesi, Polonia e fu Cecoslovacchia comprese. Le gesta praghesi di Batman sono state ideate dal disegnatore e dall’autore cechi Michal Suchánek e Štěpán Kopřiva in una storia lunga dieci pagine e che vede l’uomo pipistrello combattere un nemico chiamato ‘The Bolshevik Wizard’, ispirato a un personaggio reale appartenente alle alte sfere dell’allora Partito comunista cecoslovacco. Via Prague Morning.
SLOVACCHIA
Di piazza e di governo – Dopo la crisi di governo di febbraio, che ha visto il ministro delle Finanze, Eduard Heger, e il premier Igor Matovič scambiarsi le poltrone, la popolarità del partito di maggioranza relativa OL’aNO è in caduta libera. Un recente sondaggio condotto da Median Sk e riportato da Buongiorno Slovacchia mostra come il partito che nemmeno due anni fa aveva conquistato le simpatie di gran parte dell’elettorato oggi raccoglie solo il 10% dei consensi. Il 16% degli intervistati, invece, sostiene Hlas-Sd, fondato nell’estate 2020 dall’ex primo ministro Peter Pellegrini come risultato della scissione da Smer-Sd, partito a lungo al governo e legato alla controversa figura di un altro ex premier, Robert Fico.
L’umore delle piazze conferma il risultato dei sondaggi. La popolarità dell’esecutivo sembra ai minimi termini, come dimostrano le manifestazioni tenutesi lo scorso 1° settembre in varie città della Slovacchia, contro la politica sanitaria del governo giudicata inefficace e discriminatoria. I raduni, di qualche migliaio di persone, hanno portato anche a scontri con la polizia che ha risposto con uso di lacrimogeni, manganellate e arresti. Via Buongiorno Slovacchia.
Un green pass per il Papa – La visita del Pontefice in Slovacchia è stata molto attesa, come immaginabile in un Paese in cui più del 60% della popolazione si dichiara cattolico praticante. Non sono mancate le polemiche, legate in particolare alle restrizioni vaccinali richieste per partecipare agli incontri con Papa Francesco nelle sue apparizioni pubbliche in varie città slovacche. Come riportato da Kafkadesk qui e qui, il governo aveva deciso di non fare eccezioni e trattare le udienze papali come qualsiasi evento pubblico, ovvero riservato a cittadini vaccinati oppure limitato a mille partecipanti. In seguito alle proteste, ha deciso di permettere l’accesso ai non vaccinati, ma solo in aree separate.
Niente sconti alla Russia – La politica estera slovacca resta coerente alla linea dell’Ue. Come dichiarato dal premier Heger durante la piattaforma di Crimea a Kiev, la Slovacchia non è intenzionata a riconoscere l’annessione della penisola alla Russia, avvenuta con l’uso della forza. Heger ha parlato apertamente di violazione del diritto internazionale e di annessione illegale, riporta Buongiorno Slovacchia.
I conti con la storia – Durante la Seconda guerra mondiale, a seguito del crollo della repubblica cecoslovacca invasi dai nazisti, la Slovacchia si trasformò in uno Stato de iure indipendente ma de facto legato a doppio filo al Terzo Reich e governato da Jozef Tiso. La repubblica slovacca collaborazionista emise leggi antisemite che partirono dal precludere i cittadini di religione ebraica dall’istruzione superiore e finirono con il mandare nei campi di concentramento e sterminio nazisti più di 70mila persone. Il 9 settembre, in occasione del 70° anniversario della promulgazione delle leggi razziali, il governo slovacco ha porto le proprie scuse ufficiali per gli orrori di quegli anni. Su Associated Press.
POLONIA
Stato di emergenza – La crisi migratoria apertasi negli ultimi mesi ha spinto il governo polacco a dichiarare lo stato di emergenza per tutta la fascia di territorio confinante con la Bielorussia. Interessa un’area larga tre chilometri, entro la quale sono state introdotte diverse restrizioni. Per citarne alcune: divieto di assembramento, divieto di riprendere o fotografare oggetti e persone, possibilità di introduzione del coprifuoco, allontanamento dei giornalisti. Inoltre sono stati conferiti maggiori poteri all’esercito, che può svolgere compiti di pattuglia e controllo normalmente svolti dalla polizia. Si tratta del primo stato di emergenza introdotto nella storia della Polonia democratica. Ne scrivono Deutsche Welle e Politico.
Libertà di stampa in pericolo – Una delle conseguenze dello stato di emergenza è stata quella di aver imposto ai giornalisti il divieto di avvicinarsi al confine per documentare cosa stia accadendo. Reporter senza Frontiere ha criticato questo provvedimento, dichiarando lo stato di emergenza della libertà di stampa. A preoccupare anche la possibile approvazione della ‘Lex Tvn’, il disegno di legge che potrebbe portare alla chiusura della principale emittente televisiva privata del Paese e di cui avevamo scritto nell’ultimo Václav. Il testo è stato approvato in modo rocambolesco al Sejm, la camera bassa del parlamento, ma è stato respinto dal Senato. Ora è tornato al Sejm, dove dovrà ottenere la maggioranza dei tre quinti dei parlamentari. Nel caso venisse approvato, dovrà essere controfirmato dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, il quale ha già ventilato la possibilità di porre il veto. Su Deutsche Welle.
Blocco del Recovery Fund e sanzioni – La Commissione europea non ha ancora approvato il piano del Recovery Fund di Polonia e Ungheria. Budapest non ha fornito sufficienti garanzie riguardo alla trasparenza del sistema giudiziario e alla lotta alla corruzione. Per Varsavia la questione è legata alla controversa riforma della giustizia. Il 15 luglio la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva stabilito che la riforma non rispettava il diritto dell’Unione e aveva ordinato il termine delle attività della Camera disciplinare, un organo di controllo dei giudici. Il Tribunale costituzionale polacco aveva dichiarato che le sentenze della corte non erano compatibili con la costituzione polacca, mettendo quindi in discussione il primato del diritto europeo su quello nazionale. La questione viene spiegata da Il Post, e da EuObserver.
Un altro fronte si è aperto nei giorni scorsi sulla stessa vicenda. La Commissione europea ha deciso di chiedere alla Corte di giustizia Ue di imporre sanzioni economiche alla Polonia per non aver adempiuto alla sentenza di luglio. Il governo polacco ha definito l’atto “un’aggressione”. Da Il Sole 24 Ore. Un congelamento dei fondi comunitari è stato deciso dalla Commissione anche nei confronti di quelle istituzioni locali che hanno approvato le risoluzioni “contro l’ideologia Lgbt”. Si tratta dei voivodati della regione di Łódź, di Lublino, della Piccola Polonia, dei Precarpazi e della Santacroce. Se le risoluzioni non saranno ritirate, rischiano di perdere un totale di 126 milioni di Euro. La notizia su Bloomberg.
Italia-Polonia: commercio in crescita – Esportazioni in crescita durante il periodo della pandemia e un interscambio di 22 miliardi di Euro. Sono alcuni dei dati sottolineati dall’ambasciatore italiano a Varsavia, Aldo Amati, durante il Forum economico di Karpacz. Il nostro rappresentante diplomatico ha spiegato come stia crescendo sempre più l’interazione tra i due Paesi. Oggi le aziende italiane in Polonia sono più di 2500 e impiegano 100mila persone. Allo stesso tempo molte importanti aziende polacche hanno iniziato a investire in Italia. La notizia su Ansa Nuova Europa.
Frizioni con la Germania – Tra pochi giorni si concluderà il lungo cancellierato di Angela Merkel. Uno dei suoi ultimi viaggi istituzionali, qualche giorno fa, l’ha vista recarsi a Varsavia. Un commiato malinconico, segnato dall’assenza del presidente polacco Andrzej Duda, impegnato in un evento in Alta Slesia. Lo sgarbo di Duda è sintomatico di un rapporto sempre più complicato tra i due Paesi. Eppure 16 anni fa, quando la Merkel assunse l’incarico di Cancelliera, le prospettive erano diverse. La storia della difficile relazione tra Polonia e Germania, raccontata su Deutsche Welle.
Liberi dal gas russo – Uno dei motivi di maggiore tensione con Berlino è legato al completamento di Nord Stream 2, il gasdotto che collegherà direttamente la Russia con la Germania, escludendo i Paesi dell’Europa orientale, su tutti l’Ucraina. In Polonia sta però per arrivare il Baltic Pipe, il gasdotto che porterà via Danimarca, il gas dalla Norvegia. Secondo Piotr Naimski, responsabile strategico delle infrastrutture energetiche del governo, permetterà alla Polonia di rendersi indipendente dal gas russo entro il 2023. Via Euractiv.
Il tesoro di Białowieża – Il Parco nazionale di Białowieża è uno dei posti più affascinanti della Polonia. Racchiude l’ultimo lembo della sconfinata foresta vergine europea che copriva il Vecchio Continente migliaia di anni fa ed è patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1979. Questa è la “casa” del bisonte europeo, ospita un tesoro inestimabile in termini fauna e flora, e intorno ad essa si intrecciano storie di re e di zar. Questo e tanto altro nel reportage di Mauro Garofalo su La Stampa.
Alcuni bisonti europei nel Parco nazionale di Białowieża, in Polonia.
NON SOLO CALCIO
Tifo razzista in Ungheria – Ha destato clamore e strascichi diplomatici il comportamento dei tifosi ungheresi durante il match Ungheria-Inghilterra disputato il 2 settembre, valido per le qualificazioni ai Mondiali di calcio del 2022 e terminato 4 a 0 per gli ospiti. Come riferisce il Guardian, vi sono stati ululati all'inginocchiarsi degli inglesi in sostegno al movimento Black Lives Matter, lancio di oggetti in campo e cori razzisti contro i giocatori neri. L'Ungheria aveva già subito la squalifica del proprio campo per tre giornate per analoghi episodi avvenuti a Euro 2020, ma da scontare nelle competizioni Uefa. Ha stigmatizzato gli eventi il premier britannico Boris Johnson, a cui ha risposto con una piccata replica, la storica di riferimento del governo Orbán, Mária Schmidt, che lo accusa di parlare dall'alto di un dirupo sopra un impero in disfacimento.
E in Polonia – Cinque giorni dopo l’incontro con la selezione ungherese, l’Inghilterra ha pareggiato 1-1 con la Polonia a Varsavia in un altro incontro di qualificazione ai Mondiali 2022 in Qatar. Un ottimo risultato per l’undici polacco guidato dal tecnico Paulo Sousa, ma contrassegnato da episodi simili a quelli accaduti a Budapest seppur in tono minore. Ancora una volta, il fischio d’inizio è stato preceduto dai deprecabili fischi di una parte del pubblico di casa nei confronti dei giocatori inglesi, inginocchiatisi in segno di protesta verso il razzismo. Da segnalare il gesto del capitano polacco Robert Lewandowski, che ha preso le distanze dai suoi tifosi indicando loro il logo “Respect” stampato sulla maglietta. Dal Corriere dello Sport.
Geopolitica del pallone in Slovacchia – Il premier ungherese Viktor Orbán ha dei tratti peculiari che rendono le sue azioni riconoscibili agli osservatori internazionali. Tra le sue linee di azione, due in particolare sono note nell’area: la volontà di fare politica ed egemonia attraverso il calcio, e il forte quanto scomodo interesse verso la minoranza ungherese in Slovacchia. La storia del Dac, club della città di Dunajska Streda, in questo senso è esemplare. Dunajska Streda è infatti una cittadina di 25mila abitanti di cui tre quarti di etnia e lingua ungherese. La squadra del Dac mostra apertamente questa connotazione etnica e culturale nelle partite del massimo campionato slovacco, con simboli ungheresi sulle maglie dei calciatori e cori e striscioni inneggianti all’Ungheria dagli spalti. Deutsche Welle ha dedicato alla questione un ricco reportage.