Václav #47

9-23 febbraio

In questo numero apriamo, come d’obbligo, facendo il punto su piani vaccinali dei Paesi dell’area V4 dove Slovacchia e Repubblica Ceca sono alle prese con un’alta incidenza di casi di variante inglese del coronavirus. A seguire, proponiamo un approfondimento sul trentennale del Gruppo Visegrád e su come questa entità sia oggi percepita a livello europeo. E poi un terzo focus dedicato alla delicata situazione mediatica in Ungheria e in Polonia con una nota di speranza proveniente da Praga e Ginevra.

Spazio infine a tutte le altre notizie dei quattro Paesi di cui ci occupiamo divise per nazione. In Ungheria prosegue lo scontro fra Commissione europea e governo di Budapest su Ong e rifugiati. In Slovacchia tengono banco le questioni ambientali, fra pessima qualità dell’aria e scorie nucleari italiane. In Polonia prosegue lo scontro fra governo e società civile sull’aborto mentre torna alla ribalta il delicato tema della Memoria. Nella Repubblica Ceca, in vista delle parlamentari di ottobre, crescono i consensi dei movimenti liberali.

Buona lettura!



Covid: variante inglese e vaccini

Durante la prima ondata, la Slovacchia si era guadagnata il plauso internazionale per come aveva affrontato il virus. Lockdown tempestivo, obbligo di mascherina, scuole e università chiuse. Il risultato: il tasso di contagiosità più basso in Europa. Oggi lo scenario è ribaltato. Secondo la Johns Hopkins University, il Paese ha in questo momento il peggior tasso di mortalità al mondo, con un indice di 16 morti per milione di abitanti, calcolato secondo la media mobile settimanale. La causa è la variante inglese, individuata nel 74% dei nuovi casi, riferisce Associated Press. A nulla valgono i test di massa che si stanno effettuando da settimane. Avvengono con tamponi antigenici e risultano meno attendibili di quelli fatti con i molecolari, ricorda comunque lo Slovak Spectator

Il governo pensa a nuove misure restrittive, e anche allo Sputnik V, il vaccino russo. Il premier Igor Matovič ha annunciato che intende avviare negoziati con Mosca. Al momento, l’Ungheria è l’unico Paese Ue che ha approvato l’utilizzo del siero russo, il cui produttore non ha ancora fatto richiesta di approvazione all’Agenzia europea del farmaco (Ema). Intanto, si fa critica la situazione negli ospedali. Restano a corto di medici perché molti di loro sono emigrati nell’Europa occidentale dopo l’entrata della Slovacchia nell’Ue del 2004. Reuters riferisce che il governo Matovič ha chiesto ai Paesi Ue il “prestito” di 10 medici e 25 infermieri.

Le cose non vanno meglio in Repubblica Ceca, dove il primo ministro Andrej Babiš e il suo governo sono sotto attacco per l’inefficace gestione della seconda ondata. Secondo un articolo di Politico, nelle ultime due settimane, il tasso di infezione è il triplo rispetto alla media europea, mentre l’indice di mortalità complessivo è altrettanto preoccupante e si colloca fra i peggiori in Europa.

Uno dei motivi che spiega il fallimento nel contenere la seconda ondata del coronavirus nel Paese dopo gli ottimi risultati nell’arginare la prima, è la diffusione su vasta scala della variante inglese. Secondo il matematico René Levínský, interpellato da Radio Praga, sino all’80% dei cechi potrebbe averla contratta. «Avremmo dovuto sequenziare questa variante, tracciarla e cercare di ritardare il momento in cui sarebbe divenuta dominante. Tutto questo non è accaduto. E ora è troppo tardi per farlo», sostiene Levínský. A suo avviso esistono solo due strade percorribili: un nuovo lockdown totale oppure obbligare le industrie a testare per il virus tutti i propri dipendenti, chiudendole qualora necessario.

Nel Paese vigono nuove misure sanitarie. Da venerdì 19 febbraio nei luoghi pubblici affollati, come i supermercati, è obbligatorio indossare una mascherina filtrante FFP2 certificata o due mascherine chirurgiche sovrapposte. Lo ha precisato il ministro della Salute, Jan Blatný. Il servizio video del canale italiano di Euronews.

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Nel frattempo l’Ungheria è divenuta il primo Paese europeo a vaccinare i propri cittadini con il vaccino russo Sputnik V. Dopo il via libera definitivo del 7 febbraio, è iniziata l’inoculazione in persone al di sotto dei 75 anni. Lo riporta la Tass. Sono arrivate anche 550mila dosi del vaccino cinese Sinopharm, prima parte di un ordine complessivo di 5 milioni. Anche in questo caso l’Ungheria sarà il primo Paese dell’Unione ad adottare il siero di Pechino. La notizia su Deutsche Welle. La scelta ungherese di procedere al più presto con una vaccinazione di massa, anche a costo di allontanarsi dalle direttive europee, potrebbe essere dettata anche da motivi politici, in vista delle parlamentari del 2022. Lo scrive il New York Times.

Budapest ha annunciato inoltre l’intenzione di emettere un passaporto vaccinale che certifichi l’immunità dal virus per tutti coloro che sono già stati vaccinati, che sono già guariti dalla malattia o che possano provare la presenza di anticorpi nel sangue. La notizia sull’Ansa. Sul fronte dei contagi si registra un costante aumento, tanto da far parlare di inizio della terza ondata. Da Hungary Today.

A chiudere la Polonia dove le timide aperture di due settimane fa, riservate a cinema, teatri, musei e piscine potrebbero essere presto rimangiate visto che fonti del ministero della sanità parlano apertamente di terza ondata in corso, come riporta il portale in inglese dell’emittente privata Tvn. Il ministro Niedzielski in persona ha poi dichiarato a Reuters che non sono previste restrizioni agli spostamenti dall’estero, ma l’ipotesi di chiudere i confini con Repubblica Ceca e Slovacchia potrebbe essere presa in considerazione.

Prosegue intanto la campagna vaccinale, arrivata a riguardare il corpo docente per il quale è stato predisposto l’uso del vaccino AstraZeneca, da più parti sconsigliato per i pazienti oltre i 65, o i 55 a seconda del caso, anni di età. Si va avanti, racconta Associated Press, nonostante le perplessità di alcuni pazienti e addetti ai lavori.

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Il Gruppo Visegrád, 30 anni dopo

Trent’anni fa nasceva il Gruppo Visegrád (V4), accordo di cooperazione tra Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia. Dopo la scissione di quest’ultima in Repubblica Ceca e Slovacchia, i membri del V4 sono passati da tre a quattro. Da sempre, l’obiettivo del Gruppo è cercare dialogo e coordinamento in alcune politiche, sia sul piano regionale, che su quello europeo. Il V4 è stato molto importante nel percorso di adesione dei suoi membri alla Nato e all’Ue, per esempio. Nel 2015, con la crisi dei rifugiati lungo la rotta balcanica, il V4 ha espresso una posizione univoca, di chiusura. E così il vecchio vizio di considerarlo un blocco di Paesi allineati su tutto è tornato alla ribalta. Su Affari internazionali, Massimo Congiu approfitta del trentennale del V4 per ricordare che su numerose questioni, dai rapporti con la Russia alla transizione energetica, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia non vanno a braccetto.

L’allora premier cecoslovacco Václav Havel e i suoi omologhi ungherese e polacco, József Antall e Lech Wałęsa, firmano la nascita del Gruppo Visegrád il 15 febbraio del 1991

L’allora premier cecoslovacco Václav Havel e i suoi omologhi ungherese e polacco, József Antall e Lech Wałęsa, firmano la nascita del Gruppo Visegrád il 15 febbraio del 1991

Su New Europe, sullo stesso argomento, è uscito un intervento di Jakub Wiśniewski, ex ambasciatore polacco presso l’Ocse e attuale presidente del Globsec, il forum annuale sulla sicurezza globale che si tiene a Bratislava. Wiśniewski parla di un anniversario problematico, che evidenzia lo snaturamento che ha caratterizzato il gruppo negli ultimi anni. «Il V4 è l’ombra di sé stesso. È stato un simbolo del successo dell’allargamento di Nato e Ue, e di quello della transizione economica. Ha guidato e o ha contribuito a forgiare iniziative quali la Eastern Partnership (programmi di partenariato tra Ue e Paesi ex Urss) o l’agenda di inclusione dei Balcani. Non è più così […] Oggi l’immagine del V4 è quella di un creatore di problemi in seno al Consiglio europeo. Il Gruppo è noto per i suoi ‘niet’ su importanti iniziative europee, quali il pacchetto sull’immigrazione del 2016». Wiśniewski sostiene però che ci sia una sempre più evidente spaccatura nel quartetto. Slovacchia e Repubblica Ceca mostrano una certa insofferenza nei confronti di Polonia e Ungheria, che usano il V4 come strumento della loro propaganda anti-Ue.


Il fronte dei media

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Klubrádió era una delle ultime radio indipendenti non allineate al governo ungherese. Ha dovuto cessare le trasmissioni domenica 14 febbraio a seguito del mancato rinnovo della licenza, decisa dal Consiglio nazionale dei media (Nmhh). La motivazione ufficiale sta nel ritardato invio di alcuni documenti amministrativi. L’emittente ha riconosciuto il proprio errore, ravvisando però che la stessa irregolarità era stata commessa da altre stazioni radiofoniche filogovernative, che potranno continuare a trasmettere senza problemi, dato che in questi casi è prevista una sanzione pecuniaria. Andras Arato, direttore di Klubrádió sostiene che la decisione del Nmhh, un organo strettamente vincolato all’esecutivo, sia politica. Promette di impugnare il verdetto presso la Corte Suprema. L’amministratore delegato, Richard Stock, non ha escluso di rivolgersi alla Corte di giustizia Ue. Via Balkan Insight.

La Commissione europea ha chiesto a Budapest di intraprendere un’azione urgente per consentire a Klubrádió di continuare a utilizzare le frequenze finché le decisioni finali non diventeranno legalmente vincolanti. Inoltre, riporta Radio Free Europe, è stato ravvisato come la perdita della licenza sia avvenuta sulla base di motivi legali molto discutibili, e che l’Ungheria dovrebbe rispettare la carta dei diritti fondamentali Ue, che comprende quelli della libertà di espressione, d’informazione e d’impresa.

Si lotta per l’indipendenza dei media anche in Polonia dove il 10 febbraio scorso tutti gli organi di informazione, a eccezione di quelli pubblici e filogovernativi, hanno sospeso le pubblicazioni per un giorno. Quotidiani, riviste, portali d’informazione sul Web, emittenti radio e televisive hanno emesso un comunicato congiunto contro la nuova tassa sulla pubblicità che chiederà un contributo straordinario agli editori dal 2 al 15% delle entrate pubblicitarie. Come segnala Politico, l’ex portavoce dei diritti umani, Adam Bodnar, si è unito alla protesta, dichiarando che è una mossa palesemente politica per azzoppare l’opposizione. Secondo Notes from Poland, un corollario della stessa legge imporrebbe alle stazioni radio una quota del 50% del minutaggio ad artisti e gruppi musicali polacchi.

Un segnale positivo sul fronte dei media nell’area Visegrád c’è. A partire da marzo, la nuova sezione audio dell’Unione europea di radiodiffusione (Ebu), organizzazione con sede a Ginevra che riunisce i principali operatori radiotelevisivi pubblici europei, sarà diretta da una giornalista e producer ceca, Edita Kudláčová. Ha cominciato a occuparsi di radiofonia dodici anni fa, lavorando per la radio pubblica del proprio Paese, specializzandosi in podcast e innovazione. I suoi modelli sono la Bbc e le radio scandinave, mentre l’obiettivo che si prefigge è ringiovanire il pubblico radiofonico, anche attraverso la crescita di contenuti digitali e on demand. Radio Praga l’ha intervistata.



Ungheria


Ong e rifugiati, la Commissione Ue contro Budapest La Commissione Ue ha inviato una lettera di messa in mora a Budapest per il mancato rispetto di una sentenza della Corte di giustizia europea di giugno 2020, in riferimento alla legge nazionale sulle Ong. Approvata nel 2017, richiede che le donazioni dall’estero superiori a un determinato importo siano pubblicamente dichiarate e che i nomi dei donatori siano resi pubblici. La Corte l’aveva giudicata lesiva delle normative europee su libera circolazione dei capitali, diritto alla privacy e libertà di associazione. L’Ungheria avrà tempo fino al 18 aprile per recepire la sentenza e mettersi in regola. Scaduto quel termine potrebbero scattare delle sanzioni pecuniarie.

Budapest dovrà risolvere un ulteriore contenzioso con Bruxelles per il mancato rispetto della sentenza sul respingimento illegale dei rifugiati, emessa il 17 dicembre scorso. Da allora, oltre 5mila persone sono state rimandate in Serbia, in violazione del verdetto, e il premier Viktor Orbán ha più volte confermato di non voler cambiare le cose. Per questo, la Commissione ha inviato un parere motivato. L’Ungheria ha due mesi di tempo per rispondere. Entrambe le storie sono su Deutsche Welle, qui e qui.

 

Il rating di Fitch L’agenzia di rating Fitch ha confermato la valutazione BBB con outlook stabile per l’economia magiara. La motivazione, riportata sul sito dell’agenzia, poggia su solidi basi strutturali, su una buona crescita post-Covid alimentata dagli investimenti e da un settore bancario stabile. Ci sono anche delle criticità: debito pubblico elevato, decisioni politiche non ortodosse e peggioramento degli indicatori di governance.  


Marciapiedi a energia solare Platio, compagnia ungherese specializzata nel settore fotovoltaico, ha ideato un modo per realizzare da materiali plastici non riciclabili dei pannelli solari da installare a terra, che permettono di generare energia elettrica camminandoci sopra. Si tratta di una soluzione sostenibile per stazioni di auto elettriche e parchi pubblici, ma che in Kazakistan è stata utilizzata anche per alimentare l’impianto di aria condizionata di un centro commerciale. Ne scrive Euronews.

 

Il verde di Budapest András Györfi è un giovane imprenditore che ha studiato Biologia all’università di Szeged, con un grande amore per le piante. Durante le ultime vacanze di Natale ha creato un gruppo Facebook con l’obiettivo di ripopolare Budapest di alberi. In poco tempo si sono unite a lui oltre 400 persone: puntano a piantare tra i 500 e i 1000 nuovi alberi nella capitale entro la fine dell’anno. Kafkadesk ha intervistato Györfi.


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Slovacchia


Qualità dell’aria: Bruxelles fa causa 
La Commissione europea è in procinto di deferire la Slovacchia alla Corte di giustizia dell’Ue per aver superato il tetto sulle emissioni stabilito dall’Unione. La notizia è stata confermata dal ministro dell’Ambiente di Bratislava, Ján Budaj. Il cartellino giallo sventolato dalla Commissione è il frutto di anni di scarso impegno sull’ambiente. L’attuale governo, ha detto Budaj, intende correggere la rotta. Via Slovak Spectator.

 

Scorie nucleari: Italia-Slovacchia, a/r L’Italia smaltisce una buona quota delle proprie vecchie scorie nucleari all’estero. Vengono trattate in apposite centrali e rimandate indietro, con minore incidenza radioattiva. Tra i Paesi che le lavorano c’è la Slovacchia con cui dal 2015 è in vigore un accordo per il trattamento di 865 tonnellate di fanghi contaminati dell’ex centrale di Caorso. Vengono ridotti in ceneri a bassa intensità di emissioni radiogene, poi rispediti in Italia. L’accordo durerà fino al 2023 e sarà l’ultimo di questo tipo che la Slovacchia, intenzionata a dismettere attività inquinanti, onorerà. Da Buongiorno Slovacchia.

 

No all’Opa russa sull'elettrico Sberbank, il più importante istituto bancario russo, è uno dei principali creditori di Slovenské elektrárne, la compagnia pubblica slovacca dell’elettricità. Le ha concesso un prestito da 870 milioni di Euro, quasi tutti investiti nel potenziamento della centrale nucleare di Mochovce. Per via di una serie di ritardi sui lavori, la società elettrica si è però ritrovata con un buco di bilancio notevole. E adesso Sberbank chiede il conto. La proposta è acquisire quote del consorzio che controlla Slovenské elektrárne (vi fa parte anche Eni), ma il ministro dell’Economia, Richard Sulík, non ne vuole sapere, e intende rafforzare una legge che protegge gli asset pubblici fondamentali. La notizia su Euractiv.  



Polonia  


Storici alla sbarra
Barbara Engelking e Jan Grabowski sono due studiosi, curatori di un libro che raccoglie anni di ricerche sull’Olocausto in alcune province della Polonia. Ne avevamo accennato nella precedente edizione del Václav. Nei giorni scorsi, un tribunale di Varsavia ha costretto i due accademici a scusarsi pubblicamente con l’erede di un sindaco di un paese della Polonia orientale, descritto come collaborazionista nel libro. Come riporta il New York Times, il tribunale ha dato ragione all’accusa ordinando agli studiosi di scusarsi, rigettando tuttavia la richiesta di risarcimento. Il tema della verità storica in Polonia è scomodo e ineludibile, e altrettanto lo è il suo ruolo nel dibattito pubblico, come osserva Laurence Weinbaum su New Eastern Europe.

 

Aria, carbone e nucleare I dati sulla qualità dell’aria in Polonia in inverno sono tra i peggiori d’Europa per via di impianti di riscaldamento obsoleti e dell’ingente consumo di carbone per uso domestico e industriale. Maria Wilczek su Reporting Democracy fa un quadro dettagliato della situazione, con un focus sugli interventi degli enti locali, come l’incentivo per modernizzare il sistema di riscaldamento. La politica energetica polacca guarda in prospettiva a delle ipotesi alternative al carbone, come il nucleare. Dei piani che prevedono l’attivazione di nuovi reattori sono già pronti, ma preoccupano non poco la Germania. Se ne parla su Deutsche Welle.

 

Ancora scontro sull’aborto La pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza della Corte costituzionale che vieta l’interruzione di gravidanza anche in caso di gravi malformazioni del veto ha riaperto il tema, per la verità mai chiuso, del diritto all’aborto in Polonia. Il Manifesto ha ospitato il contributo di Zuzanna Krasnopolska, figlia di un’importante genetista polacca, su cosa vogliano dire le malformazioni di cui si parla nella sentenza.

 

50 anni dallo sciopero dimenticato Il senato polacco ha da poco votato all’unanimità una risoluzione per istituire una giornata di ricorrenza in onore del 50° anniversario dello sciopero delle operaie tessili di Łódź. Fu una mobilitazione riuscita e avvenuta senza disordini, a pochi mesi dagli scioperi repressi nel sangue a Danzica nel 1970. Il racconto su Notes from Poland.

Una foto di uno dei cortei durante lo sciopero delle operaie del settore tessile di Łódź, nel 1971.

Una foto di uno dei cortei durante lo sciopero delle operaie del settore tessile di Łódź, nel 1971.



Repubblica Ceca 


La riscossa dei liberali Il partito del premier Andrej Babiš, Ano 2011, attraversa una profonda crisi di consensi. E in vista delle parlamentari di ottobre si sono formate due nuove coalizioni d’opposizione: una di centrodestra, Spolu, e una creata dall’alleanza fra i liberali del partito Pirata e del movimento Sindaci e indipendenti, che figura in testa nei sondaggi. Mikuláš Minář, il giovane leader del movimento Un milione di momenti per la democrazia, emerso durante le proteste anti-Babiš del 2019, vuole creare una terza forza liberale, LidePro, per intercettare il voto degli under 30. Spera di ottenere le 500mila firme necessarie a registrare il nuovo partito in tempo per l’importante voto di ottobre. Se ne parla su Reporting Democracy di Balkan Insight.

 

Iconici tram cechi a Berlino Si chiama Kt4 ed è un modello di tram uscito dagli stabilimenti cechi della Tatra che sferraglia per le strade di Berlino. La particolarità è che lo fa ininterrottamente da mezzo secolo. Venti tram di ex fabbricazione cecoslovacca sarebbero dovuti andare in pensione a febbraio, ma le autorità della capitale tedesca hanno deciso di mantenerli in servizio. Una scelta motivata dalla pandemia in corso, ma anche dal fatto che i tram della Tatra si sono rivelati affidabili oltre ad essere amati dai berlinesi per il proprio fascino retro e per il proprio caratteristico scampanellio. Il racconto di Radio Praga.

 

Da Poborský a Darida
La nazionale ceca sarà una delle 24 protagoniste dell’Europeo di calcio che dovrebbe svolgersi in estate. Sono trascorsi i fasti di metà anni ’90 che videro la Repubblica Ceca raggiungere la finale dell’Europeo ‘96, sconfitta da un golden goal del tedesco Oliver Bierhoff. Oggi la selezione guidata da Jaroslav Šilhavý non ha tra le proprie fila giocatori dal genio e dalla sregolatezza di Karel Poborský o di Pavel Nedvěd, ma si candida al ruolo di possibile sorpresa. La sua stella è il centrocampista e capitano Vladimír Darida, che gioca nell’Hertha Berlino. Il sito dell’Uefa ha dedicato questo profilo alla nazionale ceca.



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