Vacláv #40
21 ottobre - 5 novembre
Apriamo la quarantesima edizione di Vacláv con due focus legati ai temi che hanno occupato le pagine della stampa internazionale nelle due settimane appena passate: le elezioni americane e gli sviluppi della seconda ondata della pandemia di coronavirus.
La scelta dell’uomo che guiderà la Casa Bianca per i prossimi quattro anni è cruciale per i Paesi di Visegrád, tutti legati a doppio filo con gli Stati Uniti anche in ottica di bilanciamento dei rapporti interni all’Ue. La vittoria di Joe Biden non lascerà indifferente la regione. Purtroppo le analisi dello scacchiere internazionale non possono del tutto distogliere l’attenzione dalla situazione epidemica, con la curva di contagi che non accenna a diminuire in Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, mentre la Slovacchia ha agito in contropiede con iniziative capillari di controllo.
Ampio spazio anche ad altre notizie rilevanti, a partire dalle manifestazioni delle donne in Polonia, passando per l’ennesimo rimpasto di governo a Praga e per le mosse dell’opposizione ungherese che prepara il campo per la sfida a Orbán nel 2022. Parliamo anche di riforma della giustizia slovacca e, come sempre, offriamo un tocco di leggerezza, stavolta con un viaggio nel mondo dei videogiochi polacchi.
Buona lettura!
Biden visto da Visegrád
“Tra i Paesi dell’Europa Centrale, quello che più si è legato alla presidenza Trump è la Polonia. Con Biden alla Casa Bianca potrebbero emergere divergenze tra Washington e Varsavia. ”
La Polonia sembra il Paese più a rischio di uno scossone dopo l’annunciata vittoria di Biden. L'attuale governo polacco non ha mai fatto mistero di appoggiare Donald Trump e le sue posizioni su molti temi: dal ruolo della Nato, alle posizioni pro-life, fino alla crociata anti-cinese in politica estera. E che i rapporti fra Washington e Varsavia siano stati stretti in questi quattro anni lo dimostra il fatto che l'attuale inquilino della Casa Bianca ha ricevuto Andrzej Duda a pochi giorni dal primo turno delle presidenziali polacche (28 giugno), da lui vinte al ballottaggio del 10 luglio. Con l’affermazione di Biden potrebbero crescere le divergenze tra la Casa Bianca democratica e il governo di Diritto e Giustizia (PiS), il partito populista che guida la Polonia dal 2015. Come ricorda Reporting Democracy, Biden condivide le posizioni della Commissione europea nello scontro che la oppone a Varsavia (e a Budapest) sullo stato di diritto. Anche per questo il governo polacco avrebbe preferito una rielezione di Trump. E infatti la televisione pubblica di Varsavia, Tvp, saldamente filogovernativa, ha dato ampio spazio alle accuse di brogli diffuse dall’entourage del presidente uscente. Accuse apparse del tutto infondate.
In terra magiara, Hungary Today ha provato a radiografare il cambiamento dei rapporti tra Washington e Budapest in caso di vittoria di Joe Biden. Per quanto la presidenza Trump fosse apprezzata da Orbán, non dovrebbero esserci variazioni vistose. Biden, secondo Hungary Today, eviterà invettive sulla democrazia illiberale, anche se non resterà neutrale. Un terreno su cui potrebbero registrarsi delle scosse è quello dei rapporti tra Ungheria e Ucraina. Budapest è contraria all’avvicinamento di Kiev allo spazio Nato, perché ritiene che l’ex repubblica sovietica stia limitando i diritti delle minoranze, tra cui quella magiara. Dato che Biden è sensibile alla causa ucraina e cercherà al contempo di rilanciare la credibilità della Nato, è possibile che nella disputa Budapest-Kiev prenda le parti della seconda.
“Anche l’Ungheria avrebbe preferito una riconferma di Trump, ma ha tenuto un approccio più cauto e distaccato. Ancor di più lo hanno fatto Repubblica Ceca e Slovacchia. Visegrad Insight scrive: “Trump non è stato male, per la prospettiva regionale. Ma Biden può offrire risultati migliori”. ”
Euractiv, in un riepilogo delle posizioni di tutti i Paesi comunitari sui rapporti con gli Stati Uniti, riporta come Repubblica Ceca e Slovacchia abbiano osservato le elezioni con approcci simili. A Praga, i media nazionali sono sembrati tutti schierati dalla parte di Biden e il premier Andrej Babiš non ha mai fatto dichiarazioni pubbliche di sostegno a Trump per la rielezione, che sono arrivate invece da sparute voci parlamentari dell’opposizione, in particolare di estrema destra. Il presidente Miloš Zeman, che aveva appoggiato Donald Trump durante la campagna per il suo primo mandato contro Hillary Clinton, questa volta è rimasto in silenzio. E la Slovacchia, che con gli Stati Uniti ha recentemente firmato una dichiarazione sulla sicurezza delle reti 5G, campo in cui Washington cerca in modo ossessivo di contenere la Cina, dimostra come il Paese, con l’attuale governo di Igor Matovič, come con i precedenti, tenga ai buoni rapporti con l’alleato d’Oltreoceano. Questo nonostante un recente sondaggio, citato proprio da Euractiv, riveli che gli slovacchi siano il popolo meno filo-americano di tutta l’area Visegrád. Infine, segnaliamo su Visegrad Insight un editoriale firmato dal direttore Wojciech Przybylski. Offre una panoramica generale sulle future prospettive di cooperazione tra Washington e i V4, con una linea di lettura chiara sin dal catenaccio del pezzo. “Per la prospettiva regionale Trump non è stato una cattiva notizia. Ma Joe Biden potrebbe garantire risultati migliori”.
Covid-19: ondata di problemi
Nelle ultime settimane il governo ceco ha cambiato tre ministri della Sanità: un indice dello sbandamento dovuto all’emergenza Covid-19. Nella foto, l’attuale ministro, Jan Blatný | www.vlada.cz
La situazione pandemica più critica nell’area è quella della Repubblica Ceca che da giovedì 22 ottobre, come riporta Politico, è nuovamente in lockdown. Restrizioni identiche a quelle della prima ondata. Il governo ha preso questa decisione dopo che mercoledì 21 ottobre il ministero della Sanità avevano segnalato l’ennesimo record di contagi giornalieri, arrivati a 11.984 (su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti). L’infezione da Covid-19 è ormai la seconda causa di morte per i cittadini cechi. Rob Cameron della Bbc fotografa la situazione a Praga, per capire come sia stato possibile un tracollo simile per un Paese che aveva superato la prima ondata in maniera quasi impeccabile.
Di sicuro non hanno aiutato gli avvicendamenti alla guida del dicastero della Salute, con tre titolari diversi alternativi in sei settimane, evidenzia Euronews. Roman Prymula, che era stato nominato a inizio a settembre per rispondere a uno scenario che andava già molto peggiorando, è stato costretto a dimettersi dopo essere stato fotografato in un ristorante che non avrebbe dovuto essere aperto al pubblico per via delle restrizioni. Al suo posto è stato nominato Jan Blatný, medico senza esperienza politica.
Non va meglio in Polonia, dove il 5 novembre si sono registrati 27143 nuovi contagi, mentre il maggior numero di decessi legati al virus - 373 - risale al giorno precedente. Visto il costante aggravarsi della situazione, il governo ha varato un'ulteriore stretta, con misure che dureranno fino al 29 novembre, salvo estensioni. Prevedono la chiusura di tutte le attività commerciali ritenute non essenziali e la serrata di musei, cinema e teatri, mentre gli alberghi potranno ospitare solo persone in trasferta di lavoro. Diviene inoltre obbligatoria la didattica a distanza anche per le scuole elementari, con gli insegnanti che potranno richiedere un rimborso di 500 złoty (120 Euro) per dotarsi di apparecchiature elettroniche necessarie per condurre le proprie lezioni da casa.
Non è attualmente previsto un lockdown nazionale - che l'esecutivo intende scongiurare a ogni costo - né la chiusura delle frontiere. Notes from Poland fa un riepilogo delle nuove misure, resesi necessarie perché la sanità polacca si trova in piena emergenza. I 17 ospedali da campo aperti nel Paese aggiungono 5500 posti letto a un totale di 30mila riservati a pazienti colpiti da Covid. Il governo promette di garantire presto altri 5mila. Con 7-800 persone ospedalizzate al giorno per coronavirus e un numero crescente di malati che necessitano respiratori, la coperta tuttavia rischia di rivelarsi troppo corta. Lo ricorda Deutsche Welle.
Un altro problema è quello della carenza di personale sanitario: per affrontarlo il governo punta ad attrarre medici dall’estero. Lo ha confermato il viceministro alla Salute, Sławomir Gadomski, in un'intervista al quotidiano Gazeta Prawna. L'obiettivo dichiarato è fare arrivare un migliaio di medici stranieri, privilegiando quelli bielorussi e ucraini, ufficialmente per le minori barriere linguistiche esistenti. In tal senso, si sta lavorando per accorciare la tempistica per il riconoscimento del titolo di studio e dell'esercizio della professione in Polonia. Via Notes from Poland.
“Situazione molto critica anche in Polonia. Il governo ha aperto 17 ospedali da campo per ricoverare i malati di coronavirus, ma potrebbero non bastare. Scarseggia il numero di ventilatori. In Ungheria l’esecutivo vara ancora i “pieni poteri”: governerà per decreto nei prossimi 90 giorni. Interessanti le notizie dalla Slovacchia. Negli ultimi due weekend il governo ha testato con tamponi antigenici i due terzi della popolazione. Primo Paese Ue a procedere in questo modo.”
Brutte notizie anche da Budapest, dove il governo ha annunciato il ricorso alla decretazione d’urgenza per un periodo di 90 giorni, espediente già utilizzato nel corso della prima ondata, non senza polemiche. Viktor Orbán ha spiegato però che la decretazione d’urgenza è necessaria solo per gestire rapidamente la situazione, in rapida evoluzione, impedendo il collasso sanitario. Intanto, l’economia rallenta bruscamente. Tra i settori più in crisi c’è quello termale, che dà lavoro a 18mila persone. Le spa sono vuote. La chiusura dei confini, decisa a settembre, ha sottratto loro la clientela straniera, fondamentale. Un breve video di Bloomberg spiega in modo esauriente il quadro. Si apprende infine che il governo ha deciso di importare dosi di vaccino dalla Russia. A dicembre i test, a gennaio l’inizio delle vaccinazioni, sempre che tutto vada bene. Tuttavia, il vaccino di Mosca non sembrerebbe al momento così efficace, fonte Reuters.
Di segno diverso le notizie che arrivano dalla Slovacchia, dove nel weekend 31 ottobre-1 novembre due terzi dei 5,5 milioni di slovacchi sono stati sottoposti al tampone antigenico rapido. Più di 38mila persone, pari all’1% dei testati, sono risultate positive. Il test era su base volontaria, ma chi ha deciso di non farlo, senza rientrare in una delle categorie a cui era concessa una deroga, è stato costretto a rimanere in quarantena per dieci giorni. Un secondo giro di tamponi è stato organizzato nel weekend appena trascorso. I risultati non sono ancora noti, mentre scriviamo. Come riportato da Reporting Democracy, la messa in atto del test ha richiesto un grande sforzo organizzativo, che ha impiegato 40mila persone. L’operazione, la prima di questo tipo in Europa, è stata raccontata dettagliatamente da Il Post.
Polonia
Manifestazione delle donne a Varsavia, 30 ottobre 2020.
La rivoluzione delle donne
La foto qui accanto rappresenta la grande manifestazione tenutasi a Varsavia il 30 ottobre: uno dei tanti momenti di protesta registratisi negli scorsi giorni contro un pronunciamento del Tribunale costituzionale in materia d'aborto che limita ulteriormente la già restrittiva legge in vigore. La svolta pro-life è stata promossa dalla chiesa, appoggiata dal governo e attuata, appunto, dai giudici costituzionali (molti dei quali nominati da questo esecutivo). Il movimento di protesta è guidato dalle donne, ma si sta allargando anche ai giovani. Ne abbiamo parlato diffusamente sui nostri canali dedicandovi un lungo approfondimento scritto. Lo trovate qui, assieme a un podcast in cui abbiamo dato voce a due delle migliaia di donne polacche che sono scese in strada per difendere il diritto all'aborto. Lo hanno fatto e lo stanno continuando a fare nonostante una pandemia in corso, a dimostrazione di quanto la questione sia cruciale.
Un aspetto al quale abbiamo solo accennato nel nostro speciale è la legislazione sull'interruzione di gravidanza. Durante l’epoca comunista era molto permissiva, poi nel 1993 si passò a una legge ben più severa. Per un quadro ampio e articolato su questo tema, segnaliamo un intervento dell’italianista Małgorzata J. Lewandowska sulle colonne della Rivista Il Mulino. Rievoca proprio questo passaggio storico, da lei vissuto in prima persona.
Ognissanti senza cimiteri
Per la prima volta dal dopoguerra a oggi, la Polonia ha chiuso i propri cimiteri domenica 1 novembre, in occasione del giorno di Ognissanti. Una misura decisa in extremis dal governo due giorni prima della celebrazione dei defunti per impedire i grandi assembramenti di persone che si registrano nel Paese nell'arco di questa giornata. Un articolo di Maria Wilczek sullo Spectator racconta la storia di una celebrazione nota in Polonia come Zaduszki e molto sentita dalla popolazione, al punto che è riuscita a sopravvivere quasi intatta anche durante gli anni del comunismo.
Un primato polacco
Le limitazioni imposte dalle norme di contenimento del coronavirus in tutta Europa hanno ridotto i profitti di un'eccellenza manifatturiera polacca strettamente legata al ricordo dei defunti. Il Paese vanta infatti il singolare primato di essere il maggiore produttore ed esportatore di ceri e candele in Europa. Il 41% della produzione e il 38% dell'export di candele nell'Ue appartengono alla Polonia. Un'industria della cera il cui valore nel 2019 ha raggiunto il miliardo e mezzo di Euro in Europa. L'articolo e le statistiche su questo primato polacco sono sul sito di Eurostat.
Huawei al contrattacco
Il colosso cinese si è rivolto alla Commissione europea per contestare un disegno di legge polacco sulla sicurezza informatica che intende vietare l'uso di alcune apparecchiature telefoniche 5G. Fra di esse vi sarebbero proprio i prodotti di Huawei, ritenuti da Varsavia (vicina alle posizioni statunitensi in materia) non affidabili per motivi di sicurezza e privacy informatica. Il produttore cinese ritiene che questa legislazione, qualora entrasse in vigore - e al pari di quella romena - violi le normative europee sulla concorrenza. Da segnalare come uno dei testimonial di Huawei sul mercato europeo sia il noto attaccante del Bayern Monaco e della nazionale polacca, Robert Lewandowski. Ne scrive Politico.
Dieci videogame in arrivo
Da alcuni anni l'industria polacca dei videogiochi è considerata una delle migliori, nonché una delle più prolifiche d'Europa. Un fenomeno da tenere d'occhio anche per non appassionati del genere. Culture.pl ha stilato una lista di dieci videogame polacchi che verranno pubblicati nei prossimi mesi. Si va da un nuovo capitolo della fortunata saga fantasy di The Witcher, alla fantascienza di 'The Invincible', ispirata a un'opera del grande autore di sci-fi, Stanislaw Lem, senza dimenticare il mondo cyberpunk di 'Gamedec'. Ma non mancano anche la detective story retro-futuristica di 'Coffee Noir' e il curioso 'Mushrooms: Forest Walker' in cui ci si cimenta in una raccolta di funghi virtuale, simulando un'attività amatissima dai polacchi nel mondo reale.
Repubblica Ceca
Nucleare boemo
Seppure nella cornice socio-economica dominata dalla pandemia, il governo di Praga è pronto entro la fine del 2020 a lanciare il bando per l’ampliamento della centrale nucleare di Dukovany, uno dei due impianti di questo tipo presenti sul territorio ceco. La questione apre molti temi di opportunità ambientale ma anche geopolitica, visti gli attori internazionali interessati all’appalto. Ne parla dettagliatamente Andreas Pieralli su East Journal.
Teatri a distanza
In tutta Europa, Italia compresa, l’ordinanza di chiudere cinema e teatri ha trovato resistenze da parte di appassionati e addetti ai lavori. In Repubblica Ceca, dove il lockdown è totale da due settimane, il mondo del teatro ha lanciato la piattaforma Dramox che permetterà, previo abbonamento, di assistere da casa alle registrazioni di circa quaranta spettacoli realizzati in vari teatri in tutto il Paese. Il 55% dei profitti sarà girato ai teatri stessi che, in questo modo, contano di avere delle entrate di emergenza durante la chiusura. Se ne parla su Kafkadesk.
102 anni di indipendenza
Il 28 ottobre del 1918, al tramonto della prima guerra mondiale, veniva dichiarata l’indipendenza della Cecoslovacchia nata sulle ceneri dell’Impero d’Austria-Ungheria. La storia del giovane Paese è simile a quella del vicino polacco, con una breve e travagliata esistenza tra le guerre e poi l’ingresso nella sfera d’influenza sovietica dopo la fine del secondo conflitto mondiale fino alla rivoluzione di velluto. Oggi che Repubblica Ceca e Slovacchia sono due Paesi separati, il ricordo della storia comune è vivo negli ottimi rapporti tra Praga e Bratislava. Segnaliamo l’articolo uscito su Kafkadesk quest’anno, ma anche quello scritto da Leonardo Benedetti di East Journal nel 2018, in occasione del centenario.
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Slovacchia
Rapporti tesi con la Russia
Visegrad Insight dedica un lungo approfondimento all’inasprimento delle relazioni tra Slovacchia e Russia ripercorrendo la vicenda dei tre diplomatici espulsi da Bratislava qualche mese fa a causa di attività incompatibili con il loro status. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, si è detto convinto che dietro il cambiamento di atteggiamento della Slovacchia, ci sia la mano di Washington.
Verso la riforma giudiziaria
È passato alla seconda lettura in parlamento il disegno di legge sulla riforma della giustizia. La modifica legislativa, che richiede un emendamento costituzionale a maggioranza qualificata (90 deputati su 150), va a toccare la composizione della Corte costituzionale e le competenze del Consiglio giudiziario; prevede inoltre l’istituzione di una Corte suprema amministrativa e un tetto all’età dei giudici, la cui attività viene normata con regole di controllo più rigide. I dettagli della riforma vengono presentati nell’articolo di Buongiorno Slovacchia.
Terrorismo, sospetti slovacchi per l’Austria
La polizia slovacca aveva avvisato le autorità austriache di attività sospette portate avanti da Kujtim Fejzulaj, il terrorista che nella sera di martedì 3 novembre ha assassinato quattro persone nel centro di Vienna e ne ha ferite altre 23, prima di essere a sua volta ucciso dalle forze di sicurezza austriache. In particolare, Fejzulaj si era recato in Slovacchia per acquistare munizioni per il suo kalashnikov. Tuttavia il tentativo era andato a vuoto, ed era tornato in Austria a mani vuote. Nonostante l’informativa dalla controparte slovacca, le forze anti terrorismo austriache non avevano avviato nessuna indagine. La notizia viene riportata dalla Bbc.
Arrestato l’ex capo della polizia
L’ex capo della polizia, Tibor Gašpar, è stato arrestato insieme ad altri ex membri di primo piano della polizia d’elite Naka e dell’unità anticorruzione. L’operazione è stata portata a termine dalla stessa Naka. I capi di imputazione sono particolarmente pesanti: cospirazione criminale, corruzione e abuso di potere. Al momento non ci sono altri dettagli sulle accuse. Deutsche Welle, che riporta la notizia, sottolinea come Gašpar si fosse dimesso dal suo incarico a seguito dell’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua fidanzata Martina Kušnírová. Kuciak stava indagando su un accordo tra il governo slovacco e la più grande società di sicurezza privata del Paese, il cui presidente era il cognato di Gašpar.
Ungheria
Il sindaco di Budapest sarà l’anti-Orbán nel 2022?
Il settimanale americano Time dedica un lungo articolo alla figura del sindaco di Budapest, Gergely Karácsony, indicandolo come il possibile sfidante di Viktor Orbán alle politiche del 2022. Il primo cittadino della capitale non ha ancora fatto alcun annuncio riguardo a un suo impegno a livello nazionale, ma di certo si sta accreditando come il più probabile rivale di Orbán. Nel corso di questi mesi, Karácsony ha coordinato varie riunioni di sindaci democratici e delle opposizioni. Time dà credito a una sua candidatura, ma ne registra anche le debolezze. Non avrebbe il carisma da molti ritenuto necessario e nemmeno gli argomenti, per ora, per convincere la grande campagna ungherese, feudo di Fidesz, il partito al potere, a cambiare orientamento di voto.
La marcia degli studenti
Il 23 ottobre è il giorno in cui l’Ungheria ricorda la rivoluzione del 1956, stroncata dall’intervento dell’Unione Sovietica. Quest’anno, causa pandemia, non ci sono state celebrazioni ufficiali. Però la piazza si è comunque riempita di studenti. L’occasione dell’anniversario della rivoluzione, di un’idea di libertà infranta, è stata da loro colta per protestare contro il tentativo del governo di esercitare un controllo sempre più stretto sul mondo accademico. Tiene banco, da settimane, la vicenda dell’Università di Teatro e Arte Cinematografica di Budapest. Contro il parere del senato accademico, l’esecutivo ha nominato un nuovo rettore, di tendenza conservatrice. In risposta, gli studenti hanno occupato l’edificio. Sono ancora barricati lì dentro. La marcia del 23 ottobre è stata organizzata da loro, registrando migliaia di adesioni. Alessandro Grimaldi, un collega di stanza a Budapest, ha filmato la manifestazione, silenziosa e ordinata. Ecco il suo video:
Fronte europeo
Come sempre sono tante le notizie sugli attriti tra Bruxelles e Budapest. Iniziamo con un lungo pezzo di Reporting Democracy sull’impatto che l’eventuale introduzione di limitazioni ai fondi strutturali Ue potrebbe avere in caso di violazioni dello stato di diritto, tema di cui si sta discutendo a Bruxelles, potrebbe avere sull’Ungheria e sugli ungheresi. L’analisi rivela che la potenziale punizione nei confronti del governo ungherese, reo secondo la Commissione Ue di togliere sale alla democrazia, potrebbe creare “danni collaterali” non previsti. La valutazione positiva che i cittadini hanno dell’Ue potrebbe incrinarsi, per esempio.
Intanto, i governi ungherese e polacco si apprestano a istituire un Istituto sullo stato di diritto, con l’obiettivo di ribattere alle accuse della Commissione e di alcuni Paesi membri dell’Ue sulle torsioni autoritarie a Budapest e Varsavia. Da New Europe.
“Potenziale taglio ai fondi strutturali, richiami sulle politiche di asilo e sulla normativa relativa alle Ong: prosegue lo scontro tra Commissione europea e governo ungherese, una tendenza costante di questi anni. ”
Nei giorni scorsi, la Commissione ha lanciato una procedura d’infrazione per la violazione delle regole sull’asilo politico. Non è la prima volta che lo fa, ma finora, il governo ungherese non l’ha ascoltata. Sempre la Commissione ha inviato una lettera a Budapest per chiedere lumi sul mancato adeguamento alla sentenza di giugno, con cui la Corte di Giustizia dell’Ue aveva chiesto al governo di correggere la legge sulle Ong del 2017. Quelle che ricevono finanziamenti dell’estero devono dichiararli, oltre a registrarsi. Il che viola le regole Ue in materia. Il resoconto è di EuObserver, che ricorda come le stesse Ong ritengano la legge del 2017 una forma di controllo eccessiva esercitata su di loro dal governo. Budapest ha un mese di tempo per rispondere alla Commissione.
La strana vicenda dell’aeroporto di Budapest
Lo scalo della capitale, per via della pandemia, ha visto drasticamente ridursi il traffico, cosa che ha portato a molti licenziamenti. Per creare protezione sociale e scongiurare il crack finanziario, l’azienda che controlla l’aeroporto aveva chiesto un prestito da 50 milioni di Euro alla Banca europea per la ricostruzione e per lo sviluppo (Bers), vedendoselo accordare. Il governo però ha bloccato tutto, a maggio. Bloomberg riferisce che lo scorso mese l’azienda aeroportuale ha ricevuto un’offerta di acquisto da parte di un gruppo vicino al primo ministro. Potrebbe essere questo il motivo per cui il governo ha bloccato il prestito della Bers, lascia intendere il portale.
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