Václav #8
Sono state prevalentemente le elezioni europee a occupare gli spazi di dibattito dei Paesi dell’Europa Centrale in queste due settimane. La sospensione del partito di Orbán dal Ppe e i recenti avvicinamenti tra i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS) e il partito neofranchista spagnolo di Vox ridisegnano inevitabilmente lo schema della destra euroscettica che si presenterà alle consultazioni di maggio. In direzione opposta i segnali che arrivano dalla Slovacchia che saluta la prima donna presidente della sua storia, l’europeista convinta Zuzana Čaputová.
Su una prospettiva più distante, i Paesi di Visegrád guardano in direzioni opposte, tra chi (l’Ungheria) accoglie istituzioni russe e guarda con favore alla Cina o chi (la Polonia) rinsalda la sua posizione nella Nato.
Questo e molto altro nell’ultima edizione di Václav.
Buona lettura!
UNGHERIA
Orbán e il Ppe
Di recente il Partito popolare europeo ha preso la decisione di sospendere la membership di Fidesz (qui dispaccio Reuters), la formazione politica fondata e guidata dal primo ministro ungherese Viktor Orbán. I motivi sono il mancato rispetto dello stato di diritto, la cacciata da Budapest della Central European University, l’ateneo di George Soros, e gli attacchi continui nei confronti di Bruxelles: tra gli ultimi, si ricorda quello contro il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, anch’egli membro del Ppe, accostato al nemico storico Soros (Politico).
Il Ppe, nel sospendere Fidesz, ha chiesto a Orbán di porre fine agli attacchi contro le istituzioni comunitarie, ma il premier non ha riposto l’ascia di guerra. «Sono ossessionati da noi, a Bruxelles, perché li abbiamo smascherati. Possono agitare il pugno contro di noi, ma l’Ungheria non si arrenderà», ha detto in un recente discorso riportato da Bloomberg. Probabile che la retorica anti-Ue del premier ungherese non si arresti nelle prossime settimane. Del resto, sostengono diversi politologici, torna utile in vista delle elezioni europee di fine maggio.
Trasloco russo
Nella seconda metà di quest’anno la International Investment Bank (Iib), la versione russa della Banca europea per la ricostruzione e per lo sviluppo (Bers), traslocherà da Mosca a Budapest. La questione sta suscitando un acceso dibattito in Ungheria, riporta il Financial Times. Alla banca russa sono stati concessi incentivi e privilegi di tipo diplomatico. L’opposizione la percepisce come un cavallo di Troia di Putin. Il trasloco della Iib, secondo i critici del governo, indica lo spostamento di Orbán verso la Russia di Putin e una possibile fonte di finanziamenti per maxiprogetti in Ungheria. La banca, a ogni modo, ha liquidità per 1,3 miliardi di Euro, ben inferiore a quella della Bers (41,1 miliardi). Per il governo, l’arrivo dell’istituto russo rafforza la posizione ungherese nel mondo della finanza internazionale.
La Cina è vicina
Un tempo la classe politica ungherese esprimeva dubbi sulla Cina come partner politico ed economico. Lo stesso Fidesz, negli anni in cui è stato all’opposizione avanzava perplessità in merito. Ora i partiti magiari hanno cambiato idea. Da destra a sinistra, tutti convergono sull’idea che la Cina sia un partner essenziale. Questo una delle fotografie presenti in una ricerca sul ruolo di Pechino in Ungheria e nel resto dell’Europa Centrale pubblicata da Amo, l’Associazione per gli affari internazionali di Praga.
Settore auto, altro sciopero
Dopo la recente agitazione sindacale nella fabbrica ungherese dell’Audi, che ha costretto lo stabilimento madre tedesco a ridurre la produzione, un altro colosso del settore auto presente in Ungheria – Hankook, produttore coreano di pneumatici – ha affrontato uno sciopero prolungato. Gli operai hanno incrociato le braccia per dieci giorni. Alla fine, è stato loro accordato un aumento del salario del 13,6%. Quello fissato dall’Audi è stato del 18%. La questione dei salari è un grosso tema di dibattito, in un Paese dove la crescita è sostenuta e la disoccupazione è ai minimi storici. L’articolo di Economic Times.
I gulag? Colpa (anche) di Roosevelt
Fine della Seconda guerra mondiale. Migliaia di tedeschi residenti in Ungheria vengono deportati in Unione Sovietica. Irene e Rajmund instaurano una storia d’amore. Questa la trama di Örök tél, Inverno eterno, firmato dal promettente regista Attila Szász. A fine proiezione, appare una discutibile scritta. Si afferma, rivela Hungarian Free Press, che le deportazioni dei tedeschi d’Ungheria furono ordinate da Stalin e che Roosevelt e Churchill ne erano “pienamente consapevoli”. In altre parole, furono corresponsabili della tragica sorte di quelle persone nei gulag. Una lettura che, secondo Hungarian Free Press, rientra nel fenomeno del revisionismo storico portato avanti dal governo di Budapest.
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